Recensione #52: Se il nostro amore non basta di Jenny Anastan


Autore: Jenny Anastan

Titolo: Se il nostro amore non basta

Editore: Amazon Publishing

Data di pubblicazione: 22 novembre 2016

Pagine: 260

Serena e Stefano si amano da sempre, sin da bambini. Con Stefano Serena non ha scoperto solo l’amore, ma anche la passione, la felicità e il matrimonio è il coronamento di tutti i suoi sogni. Tutto potrebbe essere perfetto se potessero avere un bambino. La vita però ha piani diversi per loro: dopo tre gravidanze infruttuose, il sogno di entrambi si infrange. Nella loro esistenza felice e realizzata si insinuano il silenzio, la sofferenza e la freddezza. E anche la menzogna.

Serena decide così di allontanarsi da una situazione ormai insostenibile e organizza un viaggio da sola negli Stati Uniti, una vacanza “on the road” sulla Route 66. È la vacanza che ha sempre sognato, di cui tanto ha letto, ma che lei e Stefano non hanno mai fatto. Arrivata a Chicago, però, l’attende una sorpresa: il marito è lì ad aspettarla, pronto ad arrivare con lei fino a Santa Monica, al termine della mitica Route, e a provare a fare insieme un viaggio tra paesaggi immensi e meravigliosi che potrebbe rimettere insieme i cocci delle loro vite spezzate. Perché, se l’amore non basta più, forse bisogna metterci l’anima.




Se il nostro amore non basta di Jenny Anastan è un romanzo rosa. Sinceramente non riesco a trovare le parole adatte per descriverlo. È un romanzo dolce-amaro. In alcuni tratti fa male al cuore, per quanto ci presenti una storia che potrebbe essere vera, ma in altri brani è un po’ noioso e in certi momenti totalmente prevedibile.

Non avevo letto niente di questa autrice, avevo il romanzo nel mio kobo già da un po’, eppure non mi sono mai decisa a leggerlo fino a questo momento. In realtà, ho letto questa storia per una challenge; infatti l’obiettivo da portare a termine prevedeva di leggere un libro che parli di un viaggio on the road. Questo romanzo è il racconto del viaggio di Serena e Stefano attraverso la mitica Route 66.

Cosa mi è piaciuto di questo libro? L’autenticità. Nel senso che la storia è profondamente vera. La Anastan è riuscita a parlare di due persone che si amano ma che, nonostante il loro amore, entrano in crisi e si sentono sole. Quante volte entriamo in uno stato emotivo critico con il nostro compagno di vita e ci sentiamo anche noi sole, anche se continuiamo a condividere tutto? Tutti noi abbiamo attraversato momenti di tensione nelle nostre vite. Serena e Stefano sono giovani sposi, sembrerebbero avere il mondo ai loro piedi, ma il fatto di non riuscire ad avere bambini ha scavato un profondo baratro tra loro. Ognuno dei due ha dei forti sensi di colpa. Il viaggio on the road lungo la Route 66 è la scusa per fare luce su tutto, per decidere cosa fare in futuro. È la strada prima del bivio. Il loro amore non è in discussione, entrambi si amano, ma hanno eretto barriere, si sono chiusi dietro le loro paure e le loro frustrazioni e, arrivati a quel punto, non sanno più se il loro amore può realmente bastare.



«Forse l’amore non basta, ma se dopo tutto ancora ci amiamo, dovrà pur contare qualcosa».



Il viaggio diventa un percorso di crescita emotiva e psicologica.

Bello è anche il personaggio di Clyde, che poi è colui che in qualche modo riesce a “guidare” quei due ragazzi; senza essere invadente, riesce a dare un punto di vista diverso, fatto di esperienza di vita.



«La vita è come una corsa veloce, non cambiare macchina per una gomma a terra. Sistemala e vai avanti» disse a Stefano dopo un ultimo sorriso.



Cosa invece non mi è piaciuto? Come ho già detto, alcuni brani sono noiosi. Belle le descrizioni dei luoghi, ma i battibecchi continui tra Serena e Stefano, questo rinfacciarsi fatti ed eventi passati, questo continuare a dire ci amiamo ma non basta, dopo un po’ vengono a noia. Ci sono situazioni altamente prevedibili, te le aspetti già a metà libro, solo che la Anastan palesa le situazioni alla fine, ma tu sai già che ci sarà una ennesima crisi con ennesime recriminazioni e con “piagnistei”. Per ultimo, una cosa che proprio non ho sopportato, anzi che mi ha creato un “grande” fastidio, è stata l’uso eccessivo del vezzeggiativo “piccola”. È qualcosa che proprio non riesco a reggere. Credo che, se mi dovessero apostrofare in quel modo, darei di matto. Soprattutto per il fatto che fino a un certo punto Stefano, pur amando la moglie, la tratta con distacco e poi, di punto in bianco, è tutto “zuccheroso”. Capisco l’importanza dell’intervento di Clyde, il fatto che parlare con questo signore distinto e maturo gli abbia fatto aprire gli occhi e gli abbia anche indicato la via da seguire, ma così è troppo!



Tutto questo mi porta a dire che la storia di per sé è carina, mi è piaciuto molto il fatto che l’autrice decidesse di parlare di una coppia in crisi, ma altri elementi mi hanno fatto faticare nella lettura. Lo stile della Anastan è piacevole e fluido, ma non è riuscita a conquistarmi completamente.

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