Recensione #61: Fuorigioco a Berlino di Christian Antonini
Autore: Christian
Antonini
Titolo: Fuorigioco
a Berlino
Editore: Giunti
Data di
pubblicazione: 6 aprile 2016
Pagine 256
Un romanzo di
avventura, ribellione all'oppressione, sullo sfondo storico della Germania
divisa dalla cortina di ferro. Berlino, estate del 1961. Leo e la sua squadra
stanno per affrontare la finale che deciderà i vincitori del torneo di calcio
per il controllo della piazzetta dove tutti i ragazzi della città, che
provengano da Ovest o da Est, si ritrovano a giocare. Gli eventi della Storia
incalzano, un muro di fil di ferro e cemento sta per impedire la loro sfida e
insieme decidere la fine della loro infanzia. Ma Leo e i suoi amici, insieme a
quelli che fino ad allora aveva giudicato avversari, se non nemici, sapranno
unirsi e ribellarsi contro chi vuole spezzare i loro sogni. La partita si farà,
a tutti i costi.
Fuorigioco a Berlino è un libro per ragazzi di Christian
Antonini.
Per me i romanzi di
Antonini sono una garanzia; quando ho voglia di leggere un libro per ragazzi
che sia anche appassionante, avventuroso e pieno di storia, posso sicuramente
contare su un suo romanzo!
È il caso di questa
mia lettura. Ci troviamo immersi nella storia dell’Europa di questi ultimi
decenni. Una storia particolare, molto vicina a noi (per lo meno io l’ho
sentita vicina, visto che l’ho vista e vissuta tramite le notizie del
telegiornale): siamo nel 1961 e precisamente nell’agosto del 1961. Sfondo di
questa vicenda è una piazza, una piazza che si trova al confine tra una Berlino
Est e una Berlino Ovest non ancora divise dal “muro della vergogna”; un gruppo
di ragazzi si contende il campo da gioco che su quella piazza è stato ricreato.
Ma proprio il giorno della finale è il momento dello spartiacque, perché è il
13 agosto del 1961 ed è il momento in cui verrà innalzato il germoglio della
divisione, è l’inizio del muro, prima una cortina di filo spinato e poi un vero
e proprio muro di cemento.
Christian Antonini è
riuscito a parlare di gioco, di amicizia, di divertimento, di voglia di
evasione, innestando il tutto su questa brutta vicenda della storia
dell’Europa. Leo e i suoi amici vogliono trascorrere la più bella estate della
loro vita e hanno organizzato un campionato di calcio. Lo vogliono portare fino
in fondo, nonostante le varie difficoltà che si presentano, non lo vogliono
lasciare a metà. Il muro però sorge in un momento cruciale, divide il campo e
non solo. Divide le squadre in senso fisico, in quel campo ci si incontravano bambini
dell’Ovest e bambini dell’Est; quel campo, che aveva visto il formarsi delle
squadre con vincoli di amicizia o parentela, viene separato in due. Ci si
ritrova con squadre smembrate, specie le squadre che devono giocare la finale,
le quali si trovano con elementi dell’Ovest ed elementi dell’Est e non possono
più riunirsi. In questa situazione diventa difficile poter giocare. Ma qui
entra in gioco la determinazione dei ragazzi, specie di Leo. Egli, con i suoi
amici e con un ragazzo che fino a poco prima era il loro “nemico”, Jo
l’Amerikaner, tentano di ricostruire queste squadre. Passando al di sotto della
città, sgattaiolando nei condotti delle fognature e in quelli della
metropolitana, Leo e i suoi amici riescono a recuperare i compagni di squadra e
a giocare la finale. Una finale giocata
in un modo magico, perché giocata di notte nella piazza che ora è divisa e
rovinata da questo muro, e soprattutto una partita che ha come arbitro il
capitano della Volkspolizei e i suoi
uomini (gli stessi che avevano tirato su quel muro e che in realtà avrebbero
dovuto stare di guardia).
Bellissimo e poetico
è l’epilogo: dopo 28 anni il muro
viene abbattuto e ritroviamo Leo, Felix e Martin, ormai adulti, che aspettano
di sbirciare al di là del muro per incontrare di nuovo la loro amica Hanna.
Mi sono appassionata
a questa storia, sono rimasta con il fiato sospeso quando questi ragazzini
cercavano di ricomporre le loro squadre, è una bella storia avventurosa. Una
storia che ci parla di amicizia, perché Leo, Felix e Martin sono amici, diversi,
lontanissimi l’uno dall’altro eppure molto uniti. Questo loro legame attira
anche le invidie degli altri, primo fra tutti Jo l’Amerikaner, il quale si
sente solo e desidererebbe provare anche lui la forza di una amicizia come la
loro. Attraverso la figura di Jo l’Amerikaner, Christian porta in evidenza la
figura del bullo, mette in luce quanto i prepotenti in realtà abbiano
sentimenti profondi di solitudine, di mancanza di legami affettivi.
Leggendo la storia di
Leo e dei suoi amici, ho trovato tanti spunti interessanti, ma soprattutto un grande
sentimento di amicizia e di speranza. Disseminate lungo tutto il racconto ci
sono la speranza che tutto migliorerà, la determinazione, la voglia di libertà,
ma soprattutto la voglia di lottare per la libertà. Ho evidenziato soprattutto
un passo, molto lungo a dire il vero, una conversazione tra Otto (il padre di
Martin) e Leo. Le parole del papà di Martin sono bellissime, esprimono la
fiducia nel futuro. Leo gli chiede se valesse la pena lasciare l’Est per
scappare all’Ovest, ben sapendo che scappare significasse rinunciare a tutto e
rimanere nascosti fino all’ottenimento di nuovi documenti. Ai dubbi di Leo,
Otto risponde così…
«Vedi, Leo, è giusto.
È giusto battersi per quello in cui si crede, anche se si è solo in tre contro
una squadra con le riserve. C’è un detto, forse lo conosci: “Se non puoi
batterli, fatteli amici”. È sbagliato. Non saprai se non puoi batterli, fino a
quando non ci provi».
E poi ancora è sempre
il padre di Martin che, raccontando del proprio padre, lascia un monito
importante.
«C’è una cosa che mi
ha sempre detto: la vita è troppo preziosa per permettere agli altri di
guidarla al posto tuo. È tua ed è giusto che la usi per cercare la felicità.
Anche se dovesse voler dire lasciare la piazza e casa tua. Ecco perché molti se
ne vanno, per vivere liberi e felici».
Questo dialogo tra
Otto e Leonard, sarà il punto di riferimento per Leo che spesso lo richiamerà
alla memoria per spronarsi e dare tutto se stesso. Non a caso verso la fine lo
stesso Leo dice…
«Se lasciamo che ci
tolgano il gioco ora, cosa saremo disposti a farci togliere quando saremo più
grandi?».
Ecco, proprio qui ho
visto la determinazione e la voglia di sperare in un futuro migliore.
I racconti di
Antonini sono questo: sono avventura e sono speranza. Lasciano sempre un
messaggio positivo ai ragazzi. Sono sempre pieni di ragazzi avventurosi,
determinati, che lottano per vivere liberi e forti.
Vi consiglio anche di
leggere l’intervista a Christian Antonini che Deborah Paradiso (Scheggia tra le pagine) ha realizzato per RiDeLe, La rivista del lettore, scaricabile
gratuitamente dal sito. Rispondendo alle domande di Deborah, Christian
è riuscito a trasmettere bene qual è la sua motivazione dietro la scelta di
parlare di storia ai ragazzi. A mio parere, Christian è bravissimo a rivolgersi
ai bambini, perché riesce a far comprendere loro storie difficili. In questo
caso racconta ai ragazzi il muro di Berlino, ne I ribelli di giugno parla dei profughi polacchi ed ebrei della
seconda guerra mondiale e in Una lettera
coi codini parla della rivoluzione messicana. Sono sempre epoche storiche
molto turbolente e Christian ci parla di ragazzi determinati, ragazzi forti che
riescono sempre a lasciare la loro impronta, anche divertendosi e comportandosi
da bambini. In questo romanzo stiamo parlando di bambini che vogliono giocare a
calcio, vogliono disperatamente giocare a calcio.
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