Recensione: Il treno dei bambini di Viola Ardone

Autore: Viola Ardone

Titolo: Il treno dei bambini

Editore: Einaudi

Data di pubblicazione: 24 settembre 2019

Pagine: 200

È il 1946 quando Amerigo lascia il suo rione di Napoli e sale su un treno. Assieme a migliaia di altri bambini meridionali attraverserà l'intera penisola e trascorrerà alcuni mesi in una famiglia del Nord; un'iniziativa del Partito comunista per strappare i piccoli alla miseria dopo l'ultimo conflitto. Con lo stupore dei suoi sette anni e il piglio furbo di un bambino dei vicoli, Amerigo ci mostra un'Italia che si rialza dalla guerra come se la vedessimo per la prima volta. E ci affida la storia commovente di una separazione. Quel dolore originario cui non ci si può sottrarre, perché non c'è altro modo per crescere.

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Questo romanzo non è per niente facile da recensire, per vari motivi:

si discosta molto dalle mie letture, ti fa provare tantissime emozioni, ci racconta fatti veramente accaduti.

Andiamo con ordine.

Potremmo definire il romanzo di Viola Ardone come un romanzo storico o comunque che parla di Storia. Ci racconta un fatto relativamente vicino a noi, a me ha fatto pensare a ciò che avrebbe potuto vivere il mio papà. Il quadro storico è ben delineato: siamo al termine della seconda guerra mondiale, si è appena tenuto il referendum per scegliere tra monarchia e repubblica, l’Italia è devastata dai bombardamenti. Alcune zone dell’Italia, come il Meridione, sono quelle che stanno maggiormente faticando per ritrovare una serenità nella vita di ogni giorno. La situazione è critica e molte persone sono ridotte allo stremo, molte famiglie fanno fatica a sfamare i propri figli. Qui entra in gioco la “politica” con “la questione meridionale”. I giovani comunisti mettono in piedi un progetto che prevede di mandare nel Nord Italia i bambini del Sud. Questi bambini saranno accolti da alcune famiglie per trascorrere alcuni mesi al Nord. E qui entra in gioco il nostro piccolo protagonista, Amerigo. Egli ha quasi otto anni e, per il suo bene, la madre decide di farlo partire con i “treni della felicità”. Amerigo si ritroverà quindi a Modena presso una famiglia che ha già tre figli, due dei quali quasi suoi coetanei. Amerigo andrà a scuola, imparerà a suonare uno strumento e trascorrerà tutto l’inverno al caldo, con vestiti e scarpe nuove. Durante l’estate tornerà a Napoli da sua madre, ma si troverà in un contesto che non sente più suo. Questo suo trovarsi a metà, non più a casa sua a Napoli ma nemmeno “bambino del nord”, lo porterà a una scelta dettata più dalla rabbia che da una ponderazione.

La storia di Amerigo è una storia che ti “squassa” l’anima. Credo di aver provato un ventaglio di emozioni, che è passato dal dolore nel vedere questo bambinetto partire da solo verso l’ignoto, alla felicità nel vederlo crescere accolto da una famiglia attenta e premurosa, al dolore di ritrovarlo nella sua Napoli che però lui stesso non sente più tanto sua, alla disperazione che lo porta a scappare. E poi c’è la quarta parte del romanzo, che ti lascia un retrogusto amaro. Il racconto è diviso in quattro parti: le prime tre ambientate nel 1946, la quarta nel 1994 con un Amerigo ormai adulto. La prima parte è ricca di speranza. Donna Antonietta, la mamma di Amerigo, decide di far partire il figlio per permettergli di passare l’inverno in modo confortevole, lo manda via per amore. Amerigo non vorrebbe partire, ma non può decidere altrimenti. La seconda parte ci fa vivere la vita di Amerigo al Nord, una vita fatta di adattamento, ma anche di momenti felici, di crescita, di accoglienza. Nella terza parte il nostro protagonista torna a Napoli e si sente diviso a metà, felice di essere con la madre, ma con tanta nostalgia della sua vita in casa di Derna, con Rosa e Alcide. Sono capitoli tristi. Nell’ultima parte invece ritroviamo Amerigo che ha realizzato i suoi sogni, ma che, e adesso è troppo tardi, ha nostalgia di quello che ha perso e si ritrova “solo”.

Però, anche se il finale è carico di amarezza, io vi ho letto una speranza per il futuro, una porta aperta alla vera felicità.

Prima ho detto che non è il genere di libro che leggo solitamente. È vero, di solito amo leggere cose “leggere” che siano di intrattenimento. Questo romanzo, per quanto a tratti divertente, non è leggero. Non possiamo leggere la storia di Amerigo distrattamente. Ha bisogno di essere realmente assaporata. Fortunatamente io l’ho letta seguendo anche l’audiolibro. Dico fortunatamente perché il lettore era veramente meraviglioso, ha letto la storia con la musicalità tipica della parlata napoletana e sembrava di vivere tra i vicoli di Napoli, assaporavi i profumi della città.

Non ho mai letto nulla di questa autrice, ma devo ammettere che sono soddisfatta di questa lettura.






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