Recensione: La stanza delle illusioni di Diego Pitea

Autore: Diego Pitea

Titolo: La stanza delle illusioni

Editore: Altrevoci Edizioni

Data di pubblicazione: 12 novembre 2021

Pagine: 392

Roberto Calli, noto avvocato penalista di Roma, si rivolge a Richard Dale, psicologo con la sindrome di Asperger e già collaboratore della Polizia in diverse indagini, per sottoporgli un problema: al suo assistito, un finanziere di nome Cesare Borghi dal passato avvolto nel mistero, vengono indirizzate delle lettere anonime nelle quali si preannuncia la sua morte. Sembra un caso banale e Richard è restio ad accettare ma, prima di congedare Calli, nota un'incongruenza: l'indirizzo nelle buste è scritto a mano e la scrittura sembra quella di un bambino. Troppi elementi strani per una mente sempre alla ricerca di misteri come la sua. Parte così un caso che lo porterà, insieme alla moglie Monica, in una villa sulle Dolomiti con dei perfetti sconosciuti e all'interno della quale accadranno avvenimenti sconcertanti e inspiegabili: un uomo che cammina in piena notte con una scala in mano, un anello con un'iscrizione misteriosa, un ritaglio di giornale di trent'anni prima, un quadro famoso che sembra celare un segreto. Non ultima, la sfida intellettuale più ardua per un investigatore: un omicidio compiuto in una camera chiusa dall'interno. Sono questi gli enigmi con i quali dovrà scontrarsi Richard Dale per venire a capo di un caso che sembra uscito direttamente dalle pagine di un libro di Agatha Christie.

quasi

La stanza delle illusioni è un giallo che ha il sapore dei gialli di una volta. Ricorda molto, nello stile e anche nella situazione narrata, i libri di Agatha Christie. Dale sembra un novello Poirot, senza però avere il carisma dell’investigatore belga.

Il romanzo è ben narrato e ben costruito, ma eccessivamente lento nel ritmo. Più della metà del volume è costituito da descrizioni che non sempre riesci ad inquadrare, anzi ad essere sinceri devi arrivare per forza al termine del romanzo per riuscire a capire tutti i pezzi del puzzle. Nella prima parte infatti ho faticato moltissimo, spesso avevo la sensazione di non capire dove i pensieri di Dale mi stessero portando. Solo la mia testardaggine e la mia incapacità di lasciare un libro a metà mi hanno permesso di arrivare in fondo e di capire almeno in parte tutta la storia.

Il racconto è un classico del giallo, non ci sono grandi scossoni o grandi colpi di scena; la meraviglia arriva solo perché, siccome non riesci a intuire i vari indizi, spesso solo accennati e molto criptici, non hai modo di farti un’idea di chi potrebbe essere l’assassino. Certo, quando Dale fa il recap finale, cominci a ripensare agli indizi e qualcuno lo comprendi, ma, come scritto sopra, bisogna aspettare la fine…

Sicuramente questa caratteristica narrativa è stata una scelta dell’autore, che ha scritto un romanzo nello stile della grande giallista, ma ammetto che, pur amando la Christie di Miss Marple, ho una specie di odio-amore per la Christie di Poirot.

Tutti questi fattori, la lentezza e le troppe descrizioni, la similitudine con Poirot, l’incapacità di cogliere gli indizi non mi hanno fatto amare in pieno la lettura, me la sono trascinata più per dovere che per piacere e penso che questo abbia inficiato un po’ il mio pensiero. Anche perché, ripeto, il romanzo è scritto bene, è ben costruito e ha il sapore dei grandi classici del genere, basti pensare alla stessa ambientazione o allo svolgimento del delitto. Sembra di leggere un libro di Agatha Christie, ma forse oggi sono più presa da un altro tipo di narrazione giallistica e questa l’ho sofferta un po’.

Sicuramente lo consiglio a chi ama i gialli classici, a chi apprezza la narrazione lenta, quella di chi non ha fretta di giungere alla fine.

Ringrazio la CE per avermi omaggiata del romanzo in copia digitale e per avermene permesso la lettura in anteprima.

 


Con questa recensione partecipo alla rubrica Questa volta leggo. Il tema di questo mese era NERO. Ho scelto questo romanzo perché ha un po’ un retrogusto scuro, tetro, fatto di mille congetture in stile “celluline grigie” di Poirot e perché la copertina è molto tendente al nero.



Commenti

  1. io amo i gialli ma preferisco quelli con un ritmo veloce. tendenzialmente mi appassionano di più!

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  2. Credo che non faccia per me però devo dire che la cover sembra rispecchiare proprio il giallo d’altri tempi

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  3. A me non è dispiaciuto del tutto anche se il protagonista non mi ha proprio convinta

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  4. Questo mese ho letto anche io un giallo e ne sono rimasta affascinata, questo però non mi attira forse perché tu stessa scrivi che si dilunga tanto nelle descrizioni creando un ritmo lento.

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  5. sono molto molto in linea con il tuo giudizio

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