Recensione: L’amante dell’ussaro di Sarah O’Neil

Autore: Sarah O’Neil

Titolo: L’amante dell’ussaro

Editore: HarperCollins Italia

Data di pubblicazione: 21 dicembre 2020

Pagine: 264

Inghilterra, 1808

Elise Gordon, vedova del colonnello Townshend, vive un'esistenza tranquilla e ritirata fino a quando, in un pomeriggio di tempesta, il passato torna a bussare con forza alla sua porta con le sembianze di un ussaro bellissimo e misterioso. Edward Johnstone, tenente dei Dragoni Leggeri, reca infatti notizie degli ultimi istanti di vita del marito di Elise. Lei ne è sconvolta, ma attratta dal forestiero lo accoglie nella propria casa. Comincia così una strana convivenza fatta di verità non dette e intimità crescente. Forse Edward le nasconde qualcosa, forse non è nemmeno chi dice di essere, tuttavia, dopo un incidente che lo rende temporaneamente cieco, il rapporto tra i due cambia e la passione, a lungo sopita, minaccia di travolgerli e di cambiare il corso delle loro vite.


Amo i romanzi rosa, infatti le mie prime letture sono state romanzi proprio simili a questo che ho appena finito di leggere. Mi piacciono queste storie, nate un po’ contro tutto e contro tutti, in questo caso anche con qualche problema di carattere sociale.

Sicuramente il genere Historical Romance non è quello che preferisco, ma il romanzo L’amante dell’ussaro è una lettura piacevole. Sono riuscita a comprendere meglio molte cose solo dopo aver rivolto all’autrice delle domande alle quali mi ha risposto in modo esaustivo e che riporto qui di seguito inframmezzandole alla mia recensione. Troverete la mia domanda in grassetto e la risposta dell’autrice in corsivo.

L’amante dell’ussaro è ambientato in un periodo storico durante il quale convenzioni sociali, bon ton e intrighi la fanno da padrone. Un periodo in cui la divisione in classi sociali è molto evidente.

Come mai la scelta di ambientare la storia nel periodo Regency?

Il periodo di inizio Ottocento è molto intrigante secondo me, pieno di suggestioni, e mi ha sempre molto affascinato. Il Regency poi è un'epoca di contraddizioni, un po' come Newstead Abbey dove si svolge gran parte della storia, che in quel periodo era una dimora sfarzosa abbandonata, seppure di proprietà di Lord Byron. L'ho scelto per queste ragioni e perché il mio compagno è un grande appassionato dell'epoca napoleonica; unendo i nostri due modi di 'sentire' il periodo, è uscita questa ambientazione.

Elise è una vedova, una giovane vedova che decide di superare il suo lutto chiudendosi in se stessa. È una donna del suo tempo, molto attenta anche a quelle che sono le convenzioni sociali, anche se spesso le stanno strette.

Parliamo di Elise: ho apprezzato il personaggio di Elise, anche se non riesco a capire alcuni atteggiamenti. È una donna remissiva e molto riservata, ma con Edward si lascia andare fin troppo. Mi è sembrato in alcuni casi un po' troppo libertina. Come mai quindi la scelta di insistere molto sul TON nella prima parte del libro per poi quasi tralasciarlo nel finale?

Elise è un'anima divisa. Fin dall'inizio risente del recente passato, del marito morto improvvisamente e prematuramente e di una vita che già aveva programmato ed è finita distrutta. Per questo si è chiusa in un 'ton' tutto suo in realtà, perché fin dalle prime pagine di questa storia emergono diverse scelte che fa Elise, ai limiti del ton consentito per l'epoca, ad esempio rispetto al personale, all'uscire da sola e così via. Elise sta già erodendo la cortina di buone maniere, ma lo fa a distanza, isolandosi in un posto che nessuno frequenta, evitando Londra e la vita mondana. Ma in realtà è una donna piena di tanto da dare e, quando capisce di poterci ancora riuscire, di poter amare, immaginare un altro futuro, di poter sentire l'aria fresca sulla pelle quanto i battiti di un altro cuore, ecco che anche quei rimasugli di ton e paura crollano. Il suo è un percorso che in realtà inizia con la morte del marito, ma che l'arrivo di Edward accelera. Ecco perché si può avvertire una sorta di dualismo anche in ciò che fa, in come si comporta nel corso della storia. Nell'epoca Regency tante cose erano vietate, specie in certi ranghi, Elise ha cercato una sua dimensione che non è ribellione in senso stretto, ma accettazione di ciò che, alla fine, capisce di volere. E non è disposta ad accettare compromessi.

Elise, pur ritiratasi presso la villa di suo cugino, entra in contatto con questo misterioso militare, Edward. Egli è un figlio cadetto, ma è ambizioso, e questa sua condizione di “secondo” gli sta un po’ stretta. Nasconde tante cose, ma soprattutto mira a qualcosa. La maggior parte del romanzo infatti è incentrata sull’ambiguità di Edward e sulle sue macchinazioni. Questo non me lo ha fatto amare, l’ho detestato fin dal primo momento.

Parliamo di Edward: non ho apprezzato Edward, che trovo essere solo un vile manipolatore. Come è nato il suo personaggio?

Edward è nato secondogenito in una famiglia sì di nobili origini, ma non abbastanza avanti nei ranghi da poter garantire all'intera famiglia quella che per l'epoca era la vera 'libertà' ovvero nessun condizionamento economico. In effetti Ed è costretto alla carriera militare, attività che non avrebbe scelto se avesse davvero potuto, ma funzionava così in quel tempo. In più ha vissuto la burrascosa relazione dei genitori interiorizzando scene e momenti particolari, che poi, nel tempo, gli sono tornati addosso tormentandolo e creando in lui un autentico terrore per la miseria. Ecco perché fin dall'inizio Edward è ossessionato dal trovare una soluzione, dal togliersi di dosso etichette e paure. I sentimenti non sono parte del suo mondo, non ancora dunque non li considera rilevanti per le scelte del futuro come la persona che avrà accanto. Volevo un protagonista che fosse umano, imperfetto, piegato dal suo tempo, dalle debolezze, dalle contraddizioni del periodo. La sua storia in realtà era abbastanza comune per chi nasceva nelle sue stesse condizioni e ceto sociale. Tuttavia in lui emergono spiragli o almeno è stato il mio tentativo nella storia. Perché abbiamo tutti difetti e siamo tutti tesi a forme diverse di egoismo e, finché Ed si è sentito minacciato, dalla condizione, dalle possibili difficoltà economiche, da una vita che finiva per ingabbiarlo perché 'poteva' fare solo certe cose (o così credeva), ecco, finché credeva questo, emergevano di lui i tratti più meschini, manipolatori, da abile stratega. Poi però è arrivato anche molto altro. Non è un personaggio teso all'happy end in realtà, non cambia completamente (come potrebbe?), ma coglie meglio alcuni aspetti delle emozioni e dei sentimenti e si sforza di non cedere alle vecchie abitudini.

Come ho anche detestato Ernest, il maggiordomo. Un domestico che, secondo me, si prende un po’ troppe libertà, a fin di bene perché vuole proteggere la sua milady, ma ci sono degli atteggiamenti che non mi hanno persuasa fin da subito.

Parliamo di Ernest: non sono riuscita a ben inquadrare il maggiordomo Ernest. So che è mosso da doveri, ma lo trovo troppo invadente. Come mai una figura come quella di un domestico, che dovrebbe essere di secondo piano, ha invece un ruolo così fondamentale?

In realtà i domestici erano fondamentali, senza di loro nessun nobile riusciva in nulla e anzi, fino a inizio Novecento, i padroni più illuminati ne capivano il grande valore, seppure entro ruoli e ranghi differenti. Ernest è un vecchio maggiordomo che a Newstead Abbey ha visto tanti padroni susseguirsi, conosce tutto del posto, della tenuta, di tutti. Il suo è un ruolo necessario in un mondo solitario, Elise non ha praticamente nessun altro di stabile e presente ogni giorno e lui si prende cura di un posto invecchiato 'male' da così tanto tempo che non può fare altrimenti. È un tipo protettivo alla vecchia maniera e per farlo deve sempre sapere tutto, intuire, prevedere. Lo ha imparato nel secolo precedente.

In tutta la storia narrata il personaggio che ho preferito è l’amica di Elise, Louise. Anche lei è una giovane donna dell’aristocrazia, sposata ad un uomo molto più grande di lei, preso dai suoi commerci e che la trascura. Una giovane donna, viva e intelligente come Lou, soffre di questa situazione. Pur concedendosi libertà, rimane sempre nei suoi limiti dovuti al rispetto delle convenzioni.

Parliamo di Louise: tra tutti Lou è la mia preferita e ad essere sincera mi spiace per la situazione che deve sopportare con il marito, che ritengo sia un bel mascalzone...

Louise è un personaggio a cui sono molto affezionata anch'io, perché racconta una delle altre comuni situazioni dell'epoca: i matrimoni per necessità. Lei si convince di esserne innamorata e di fatto in tutta la narrazione è attraverso le sue parole che si intuisce com'è andata, ma anche qui c'è un rovescio della medaglia, perché il marito è un uomo d'affari ben più grande di lei che non l'ha corteggiata per sentimento, non proprio diciamo. E come decide poi di vivere, dopo il matrimonio, racconta esattamente la dimensione del loro rapporto: lui ha un lavoro che lo porta in viaggio, che lo fa essere grande tra i grandi che producono, importano, scoprono (per l'epoca erano attività preziose e ricercate, perché tanti beni non erano comuni ovunque) e si arricchiscono. Gli 'serviva' una moglie che potesse prima o poi dargli un erede, una donna gradevole e abbastanza di maniera per stare in società e occuparsi delle proprietà in patria, ma che poi stesse al suo posto mentre lui viveva il resto della sua vita. Ma Lou è come Elise, sono cresciute insieme e hanno tanto sognato un futuro che potesse anche renderle felici. In realtà all'epoca e per molti decenni a seguire era comunissimo sposarsi senza alcun legame, tra nobili di vario rango, anzi direi che era quasi assurdo il contrario. Lou però è una sognatrice e il marito lo capisce incontrandola, per cui, da uomo di mondo qual è, ha capito che aveva una sola chance con lei: mentirle sui suoi sentimenti e corteggiarla fino a farla cedere. Poi ha ripreso a vivere come aveva pianificato. Mi piacerebbe raccontare il seguito di questa storia, perché Lou per me ha la forza per spezzare questo legame che non vuole più.

Per concludere questo mio pensiero su questo romanzo posso dire che ho trovato la storia piacevole e originale, con la giusta dose di colpi di scena. Lo stile narrativo è scorrevole e molto descrittivo, ma le descrizioni paesaggistiche non disturbano la lettura, anzi aiutano ad immaginare l’ambientazione. Quello che non mi ha convinto è il linguaggio troppo aperto e libertino, non molto adatto all’epoca descritta. Le scene intime sono esplicite e, benché sia sicura che l’epoca si prestasse a licenziosità, in alcuni passi le ho trovate troppo moderne.

Un romanzo carino, che mi ha lasciato la curiosità di leggere altro di questa autrice (quindi aspetto la storia di Lou), ma che per il momento non mi ha del tutto convinta.

Ringrazio la HarperCollins Italia per la copia digitale del romanzo. Ringrazio l’autrice per la disponibilità e le risposte alle mie domande.

Questo mese partecipo alla rubrica Ci provo con… infatti è la prima volta che leggo un romanzo scritto da Sarah O’Neil. L’autrice scrive sotto pseudonimo, ma questo non vuol dire che sia “finta”. Io ho avuto l’opportunità di contattarla tramite un amico in comune. Questo mi ha permesso di farle anche qualche domanda in più sul romanzo. Intanto vi posso raccontare che Sarah O'Neil vive tra la Provenza e Londra, con la sua gatta nera. Da sempre stregata dalle storie, dopo anni passati fra recensioni di libri e attività teatrali, si è decisa a scrivere. Ho avuto modo di scambiare qualche opinione via mail con l’autrice e le ho rivolto alcune domande, alle quali ha gentilmente risposto. Devo ammettere che le sue risposte sono state esaurienti e mi hanno fatto capire meglio alcune scelte nel romanzo stesso.

Vi rimando al prossimo appuntamento con la rubrica Ci provo con… e vi ricordo che insieme a me partecipano altri blog a questo appuntamento mensile, quindi ricordatevi di passare anche da loro per scoprire le diverse proposte.


Spunto anche un altro Obiettivo Semplice per la reading challenge Vintage Trial, l’obiettivo da completare è il n°13: Leggi un libro pubblicato nel 2020 o nel 2021. 



Commenti

  1. Io invece non sono nel mood del genere eppure ne ho letti tantissimo

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    1. A volte bisogna scegliere il libro da leggere sentendo quello che ci fa provare tenendolo in mano.

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  2. Che recensione completa ed esaustiva, leggere o ascoltare le parole degli autori chiude il cerchio della lettura quindi grazie. Interessante il libro, ci penso se segnarlo o meno, sicuramente lo tengo a mente.

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    1. Grazie, parlare con Sara O'Neil mi ha davvero aiutato a capire meglio la storia da lei narrata

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  3. Davvero molto bella l'analisi che fai di questo libro. Molto dettagliata

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  4. A me piace molto questo genere anche se ultimamente non leggo molti libri di questo tipo.

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    1. Io ne ho letti pochissimi, questo è stato una piacevole lettura

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