Recensione: Il cuore è uno zingaro di Luca Bianchini
Autore: Luca Bianchini
Titolo: Il cuore è uno zingaro
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 19 marzo 2024
Pagine: 228
Il maresciallo Gino Clemente avrebbe
immaginato tutto tranne che doversi trasferire dalla sua amata Polignano a
Bressanone, in Alto Adige, a pochi chilometri dall'Austria, dove molti parlano
tedesco e la gente cena alle sette di sera. Per cercare di integrarsi nella
comunità altoatesina si muove in mountain bike, mentre l'inseparabile moglie
Felicetta si dà al giardinaggio nella loro nuova casa, con risultati
altalenanti. A rallegrare la permanenza al Nord è il ritorno inatteso di una
vecchia gloria della musica pop italiana: Gabriel Manero, noto per aver scritto
nel 1983 il suo unico grande successo – Todo corazón – che li aveva fatti
innamorare. Il cantante, originario proprio di quella città dove non si
esibisce da quarant'anni, viene invitato a inaugurare la Casa del luppolo, la
birreria gestita dalla biondissima Barbara Kessler, e il suo concerto chiama a
raccolta tutti gli abitanti dei dintorni. È l'occasione per un tuffo nel
passato: molti fra i presenti lo conoscono dai tempi dei Righeira e lui, dopo l'esibizione,
decide di festeggiare questa rimpatriata nella sua eccentrica villa. Tutto
sembra andare per il meglio ma, tra lo sconcerto generale, la mattina seguente
Gabriel viene trovato senza vita sulle scale di casa. Si tratta di una caduta
accidentale oppure no? Sarà il maresciallo Clemente, aiutato dalla moglie, dal
cane Brinkley e dal proprio formidabile intuito a risolvere quello che sembra
un enigma incomprensibile. A sostenerlo nell'impresa ci sono il brigadiere
Guglielmotto, un intraprendente piemontese dai denti che "più bianchi non
si può", e il suo storico braccio destro Agata De Razza, che a Bressanone
è di casa e lì ha lasciato un grande amore. Tra vecchie canzoni e indizi
difficili da decifrare, il maresciallo resta fedele a se stesso e scopre
l'anima inquieta e vibrante di un paese che alcuni chiamano Brixen e che fino a
quel momento sembrava molto, troppo tranquillo.
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Il nuovo romanzo di Bianchini torna a essere
un giallo e ha come protagonista il maresciallo Clemente.
Possiamo considerare questa nuova storia il
sequel di Le mogli hanno sempre ragione.
Clemente è stato trasferito in Alto Adige, lontano dalla sua Polignano, e ha
vissuto questo trasferimento con un certo disappunto, ma vuole dimostrare di
essere un buon carabiniere.
Con la sua calma, con il suo intuito e con la
sua determinazione arriverà anche in questa avventura alla risoluzione del
caso.
La figura sempre al suo fianco, silenziosa e
attenta, vero sostegno del lavoro del maresciallo, è la moglie Felicetta.
Sicuramente non posso aggiungere altro,
perché correrei il rischio di spoilerare qualcosa, ma posso raccontare cosa ho
apprezzato di questa storia.
I
personaggi. Tanto il protagonista, il maresciallo Clemente, quanto
gli altri attori principali, come Felicetta, il brigadiere Guglielmotto, la
brigadiera De Razza, sono ben delineati. Riusciamo a farci un’idea precisa di
quello che è il loro aspetto e il loro modo di lavorare e/o di pensare.
Conosciamo le loro passioni e quanto alcune decisioni siano ragionate.
Bellissimo è poi il rapporto tra il maresciallo e la moglie, un matrimonio che
ci rende bene l’idea di cosa sia la vita di coppia.
La
struttura del giallo. La storia raccontata da Bianchini è un
giallo classico alla Agatha Christie. Un delitto in una casa cui hanno accesso
poche persone, quindi una ristretta cerchia di sospettati, ma con tanti
secreti, piccoli imbrogli e sotterfugi. Intorno ai sospetti si aggirano poi
tante figure “pettegole”, cosa che non meraviglia, visto che Bianchini stesso
confessa di essere un gran pettegolo e di amare il pettegolezzo fine a se
stesso.
Un giallo molto lineare, i sospetti
raccontano tutti la loro versione. Il maresciallo ascolta tutti, prende appunti
e decide le proprie mosse investigative. Gli indizi non vengono sempre
condivisi per intero con il lettore, a volte si accenna solo a ciò che il
maresciallo nota, ma la cosa bella è che quello che viene posto in evidenza può
avere varie possibilità. Per esempio: la medaglietta decisiva per la
risoluzione del caso apre la mente del lettore a un ventaglio di possibilità,
ma poi l’uso che ne viene fatto è del tutto inaspettato. Questo per dire che
poi il colpevole non è mai il maggiordomo!
Lo
stile narrativo. Amo il modo utilizzato da Bianchini per raccontare
le storie. Ti riesci a divertire, la storia è un racconto rilassante, completo,
ricco, con tanti richiami alla memoria collettiva, questa volta è la musica
degli anni ’80. Insomma, il racconto coinvolge pienamente il lettore. Riesci a
trascorrere delle ore in piacevole compagnia, i personaggi diventano “amici”
che ti stanno raccontando ciò che è successo loro.
Come ho detto in apertura, in questo romanzo
troviamo nuovamente il maresciallo Gino Clemente, che abbiamo conosciuto in Le mogli hanno sempre ragione. Con
questa avventura vediamo cosa succede al maresciallo dopo la sua breve
avventura a Polignano, ma troviamo anche la brigadiera De Razza, che a
Polignano era stata di grande aiuto al maresciallo per risolvere il caso di Adoración.
Pur facendo qualche richiamo alla storia precedente, questo appuntamento è
completamente indipendente e autoconclusivo.
Assolutamente consigliato a chi ama i gialli
alla Agatha Christie e a chi ama leggere per trascorrere ore piacevoli.
Ringrazio la CE per la copia cartacea del romanzo.
Se volete conoscere la mia opinione sul
romanzo precedente:
Le mogli hanno sempre ragione (recensione)
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