Recensione #54: Il maestro di Auschwitz di Otto B. Kraus


Questa volta ho deciso di presentarvi la mia opinione su una lettura a tema.  Oggi infatti ricorre il Giorno della Memoria. Prima di parlarvi del romanzo che ho letto, un piccolo quadro su quello che vuole ricordare questa giornata.



Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata per commemorare le vittime dell'Olocausto.
Questa ricorrenza è stata stabilita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che ha deciso anche la data; infatti il 27 gennaio 1945 le truppe dell'Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono al mondo l'orrore di cui sono stati vittime gli ebrei (e non solo).

Tante sono le modalità con cui si ricordano questi momenti tragici della nostra storia recente. Io l’ho fatto attraverso una lettura, nella mia biblioteca comunale lo si fa attraverso proiezioni cinematografiche (che vi presenterò a seguito della mia recensione). 


Autore: Otto B. Kraus

Titolo: Il maestro di Auschwitz

Editore: Newton Compton editori

Data di pubblicazione: 2 gennaio 2020

Pagine: 284

Basato sulla storia vera del famigerato Blocco 31. Alex Ehren è uno dei prigionieri di Auschwitz-Birkenau. Ogni giorno che passa la lotta per sopravvivere all'orrore del campo di concentramento si fa sempre più dura. Eppure Alex ha deciso di contravvenire agli ordini dei suoi spietati aguzzini e, di nascosto, dà lezione ai bambini raccolti nel famigerato Blocco 31. È un piccolo gesto di coraggio, che ha però un incredibile valore sovversivo, perché è il solo modo per tentare di proteggerli dalla terribile realtà della persecuzione che sperimentano sulla propria pelle. Eppure, insegnare ai bambini non è l'unica attività proibita a cui Alex si dedica... Questo romanzo è ispirato alla vera storia di Otto B. Kraus, che durante la prigionia nel campo di concentramento osò sfidare le inflessibili regole imposte dai nazisti e creò per i suoi piccoli allievi un'oasi di normalità.




Il maestro di Auschwitz di Otto B. Kraus è un romanzo che esce dalla mia comfort zone per diverse ragioni. Prima fra tutte il tema. Questo romanzo possiamo definirlo un documento storico.

L’autore riferisce fatti reali, partendo da un diario ritrovato nel Blocco dei bambini e ascoltando le testimonianze dei sopravvissuti. Il personaggio centrale (che poi è anche il proprietario dei diari ritrovati) è Alex Ehren.

Non si può dire che sia un libro bello o brutto. Kraus ci riporta la realtà dei fatti. Descrive l’atmosfera che si respirava nel Campo di concentramento. Ciò che si percepisce in questa storia sa molto di “rassegnazione”; questi ragazzi sono lì ad attendere la morte. Quello che manca è invece il coinvolgimento emotivo. Personalmente non ho provato nulla. Ho letto in modo asettico.

Non è il primo libro che ho affrontato sull’argomento, ma è il primo con cui mi trovo in difficoltà. Sicuramente non aiuta il fatto che la Storia di questo determinato periodo non mi piace, ma, mentre in La bambina che salvava i libri di Markus Zusak avverti la pietà degli uomini che ritenevano ingiusti i provvedimenti politici, in Lettera non spedita di Cody Epstein percepisci il peso delle leggi razziali, in Se questo è un uomo di Primo Levi senti sulla tua pelle quanto quella condizione era degradante al punto da ridurti a non pensare più di essere un essere umano… bene, qui non ho trovato niente di tutto questo. È un mero resoconto.

Forse mi aspettavo qualcosa di diverso ritenendo che questo fosse un romanzo basato su una storia vera, mentre mi sono ritrovata a leggere qualcosa che somiglia di più a un saggio storico. I fatti sono riportati in modo impersonale, anche se mi sembra di aver capito che l’autore stesso sia stato in quello stesso Blocco.

L’unico elemento che ci fa avvertire un po’ di emozione è questo senso di ineluttabilità, il fatto che gli ebrei deportati sanno di avere un tempo limitato (in alcuni casi conoscono anche la data della loro esecuzione), di non avere speranza. Pure nel Blocco dei bambini c’è lo stesso “clima” del Campo di concentramento, fatto di paura e di morte.



«Il tempo è mio nemico», disse Alex Ehren. «È come un animale che mi divora dall’interno».



Anche lo stile narrativo è pesante, lento, poco coinvolgente. La Storia (intendendo quindi il quadro storico reale) è veramente molto dettagliata, specie quando ci riporta la figura di Mengele. Anche quando ci racconta il modo di lavorare del medico è freddo in modo totale. Lo scienziato è presentato nel suo ruolo, è colui che vuole osservare e studiare i prigionieri con lo scopo di dimostrare che la razza ebraica è inferiore. E gli Ebrei del Campo sentono di essere delle cavie da laboratorio. Eppure sono rassegnati.


Ringrazio la Casa Editrice Newton Compton editori per avermi omaggiata della copia digitale del romanzo e per aver acconsentito all’uso di parte della copertina per creare l’immagine di apertura di questo post.




Io abito a Roma e recentemente ho scoperto il mondo delle biblioteche. Ho poco tempo di frequentare “fattivamente” la mia biblioteca comunale, ma ho scoperto che essa propone tante iniziative interessanti come laboratori per bambini, proiezioni cinematografiche, incontri di approfondimento e tanto altro. Per questa giornata (27 gennaio 2020, ore 16.30, Biblioteca Pier Paolo Pasolini – Municipio IX – Viale Caduti per la Resistenza 410/A, Roma) è in programma una proiezione: Storia di una ladra di libri di Brian Percival (USA, Germania, 2013, durata 125 minuti).





Adattamento del romanzo di Markus Zusak, Storia di una ladra di libri è un racconto di formazione ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale in un piccolo villaggio della Germania. Nato da un'urgenza e dall'infanzia dell'autore, il libro di Zusak descrive una crescita forzata e indotta dalla crudeltà degli uomini. Ma la violenza della guerra e l'assurdità del mondo degli adulti vengono fiaccate dai libri e dalla letteratura, corsie preferenziali per la conoscenza…



Ho letto il romanzo e visto il film. Non ho molto apprezzato il libro La bambina che salvava i libri, ma ho sicuramente trovato più coinvolgente il film. Il romanzo di Zusak è scritto bene, ma, vuoi l’argomento vuoi alcuni brani che sembrano frammentati, risulta di difficile lettura. Anche il fatto di aver scelto come voce narrante la Morte non è che faciliti molto il coinvolgimento! Fermo restando che Zusak riesce a descrivere in modo preciso e puntuale quello che è stato un periodo terribile.






Per tornare alla proiezione della pellicola, vi dico anche che questa è inserita nel progetto MEMORIA genera FUTURO, programma di appuntamenti coordinato da Roma Capitale in occasione del Giorno della Memoria 2020. 


Commenti

Posta un commento