Recensione: Il Tullio e l'eolao più stranissimo di tutto il Canton Ticino di Davide Rigiani

Autore: Davide Rigiani

Titolo: Il Tullio e l'eolao più stranissimo di tutto il Canton Ticino

Editore: Minimum fax

Data di pubblicazione: 12 maggio 2022

Pagine: 469

I Ghiringhelli sono una strampalata famiglia italosvizzera che abita nel Canton Ticino, in una casa piena di gatti che si chiamano come avverbi o congiunzioni. La signora Ghiringhelli è una donna imperturbabile e pragmatica che lavora nella sede luganese della Banca d'Elvezia, il signor Ghiringhelli è un poeta avanguardista che traduce in quartine guide e manuali d'istruzioni, la figlia grande è un'adolescente sempre imbronciata. E poi c'è il Tullio. Il Tullio fa la quinta elementare ed è un bambino timido e silenzioso, che cerca di passare inosservato. Ma nella sua smisurata immaginazione vive e pulsa un'intera città popolata da supereroi, alieni, piante carnivore parlanti, Roger Federer, cavalieri medievali e tutto quello che può abitare la fantasia di un bambino di dieci anni. Il Tullio presta più attenzione a loro che ai maestri, ragion per cui a scuola va così così. Ma una sera trova un eolao e se hai un eolao non puoi proprio passare inosservato. Tra superlativi iperbolici, girondi stornati e animali fantastici, sui sentieri dell'assurdo tracciati da Gianni Rodari, Pennac e Vonnegut, dai film di Wes Anderson o dai fumetti di Calvin & Hobbes, Rigiani ci ricorda che felice e sovversiva sarabanda possa essere la letteratura. Un gioco spericolato con la lingua, una trovata esilarante, la messa a soqquadro di quella metafora dell'ordine universale che è la Svizzera.


Ci sono libri che purtroppo non riescono a prenderti completamente. Per quanto mi riguarda, è il caso che si è verificato con il libro Il Tullio e l'eolao più stranissimo del Canton Ticino. Sinceramente non saprei dire cosa non mi abbia convinto in questo romanzo, che aveva tutte le caratteristiche per potermi piacere.

Si tratta di un libro per ragazzi, un fantasy ben strutturato, verosimile. Ci vuole raccontare la storia del Tullio, che ha trovato un eolao. 

Il romanzo quindi inizia a raccontarci quelle che sono le giornate del Tullio in compagnia del suo eolao. Ci vengono presentate sia le giornate a scuola sia le giornate di festa, ma anche le trasformazioni dell'animale.

Voglio provare a parlare di questo romanzo partendo dalla terza di copertina e vado a commentarla via via…


I Ghiringhelli sono una strampalata famiglia italosvizzera che abita nel Canton Ticino, in una casa piena di gatti che si chiamano come avverbi o congiunzioni.

Ecco che iniziamo con le stranezze di questa storia che, con il procedere della lettura, hanno iniziato ad infastidirmi. Se poteva essere simpatico e divertente creare una certa confusione nel lettore tramite l’uso di congiunzioni e avverbi come nomi di gatti, diventa pedante il continuo sottolineare che si sta parlando di un gatto o di una congiunzione/avverbio. Il padre del Tullio amava chiamare i suoi gatti con avverbi o congiunzioni proprio al fine di creare scompiglio e perplessità quando parlava dei gatti con la postina. Ma nel romanzo, ogni volta che c’è un avverbio, l’autore specifica che si tratta di un avverbio e non di un gatto, fermo restando che si capisce benissimo quando parla di un gatto, perché in quel caso l’avverbio è scritto con la maiuscola.

 

La signora Ghiringhelli è una donna imperturbabile e pragmatica che lavora nella sede luganese della Banca d'Elvezia, il signor Ghiringhelli è un poeta avanguardista che traduce in quartine guide e manuali d'istruzioni, la figlia grande è un'adolescente sempre imbronciata. 

L'ambientazione descritta è quella del mondo quotidiano. La famiglia Ghiringhelli è una famiglia tipica. La mamma lavora in una banca, mentre il papà lavora a casa; certo, il papà è un po' particolare... ma, del resto, tutta la famiglia ha qualche stranezza.

 

E poi c'è il Tullio. Il Tullio fa la quinta elementare ed è un bambino timido e silenzioso, che cerca di passare inosservato. Ma nella sua smisurata immaginazione vive e pulsa un'intera città popolata da supereroi, alieni, piante carnivore parlanti, Roger Federer, cavalieri medievali e tutto quello che può abitare la fantasia di un bambino di dieci anni. Il Tullio presta più attenzione a loro che ai maestri, ragion per cui a scuola va così così.

C'è da dire che c'è una trasformazione anche nel Tullio. Egli è sempre stato un bambino molto schivo, con qualche difficoltà a scuola, e preferisce vivere un pochino in disparte.

 

Ma una sera trova un eolao e se hai un eolao non puoi proprio passare inosservato.

Con l'arrivo del suo animale stranissimo il Tullio inizia a godere di una certa popolarità. È vero anche che l'interesse generale un pochino scombina le sue abitudini.

Ma che cos'è un eolao? È un animale fantastico, dalle mille trasformazioni, ogni volta succede qualcosa di strano. Una sera, durante la cena, tra le foglie di insalata viene ritrovato un bruco; il Tullio non se la sente di eliminare l'insetto, ma con delicatezza lo porta in giardino. Passata la notte, torna a cercare il suo bruco e trova un animaletto alquanto strano: l’eolao. Tra l’incertezza generale e lo stupore, la famiglia Ghiringhelli si ritrova con questo animale straordinario e stranissimo e il Tullio inizia a prendersi cura di questo essere.

Ora, se fin qui il romanzo aveva tutte le carte in regola per essere una lettura nelle mie corde, in realtà l'ho trovato noioso. Ho faticato tantissimo a leggerlo. Mi aspettavo di divorare le pagine una sull'altra, perché è scritto in maniera molto chiara e semplice. Il linguaggio usato è quello adatto a dei bambini/adolescenti. È, infatti, un libro per adolescenti. Potrebbe benissimo essere letto in quinta primaria o nelle prime classi della scuola secondaria (il Tullio frequenta la quinta primaria nel Canton Ticino), ma manca di coinvolgimento.

Per quanto io possa amare i fantasy e i libri per bambini, non sono riuscita a farmi coinvolgere da questa storia. Dopo un po' hanno iniziato a darmi fastidio queste stranezze nel comportamento di tutti i familiari, ho iniziato a mal tollerare le spiegazioni improbabili per i cambiamenti che avvenivano all’eolao. A dire il vero, ho iniziato a innervosirmi anche per i comportamenti del Tullio, che tra tutti i personaggi è forse il più “normale”. Insomma questa lettura non è riuscita rendermi attiva. Spesso e volentieri è capitato che, dopo una decina di pagine, io avessi voglia di chiudere il libro e di non andare avanti, ma, sebbene Pennac dica che abbiamo tutto il diritto di interrompere una lettura, io non ho voluto abbandonare il libro, nella speranza che qualcosa potesse cambiare. In realtà questo ha portato a trascinarmi in questa lettura e il mio senso di insofferenza si è sempre più ingigantito. Ripeto, il libro è scritto molto bene, ci sono anche delle illustrazioni molto belle che ci fanno conoscere meglio l'anatomia dell’eolao, ma queste note positive non sono state sufficienti per farmi superare la noia che ho provato.


Tra superlativi iperbolici, girondi stornati e animali fantastici, sui sentieri dell'assurdo tracciati da Gianni Rodari, Pennac e Vonnegut, dai film di Wes Anderson o dai fumetti di Calvin & Hobbes, Rigiani ci ricorda che felice e sovversiva sarabanda possa essere la letteratura.

Ed è proprio qui che per me sono iniziati i guai! Già, perché, oltre le stranezze della storia, ci sono anche altri aspetti che pian piano nel corso della lettura hanno iniziato a disturbarmi. Sono state le eccessive ripetizioni a livello di lessico. Una caratteristica del romanzo è quella di usare superlativi assoluti improbabili e soprattutto proprio quando non servirebbero; certo, è un’espediente mutuato dal fatto che nei temi il Tullio usa questi termini per enfatizzare il proprio pensiero, ma io, come il suo maestro di italiano, li mal tollero. In altre occasioni viene ripetuta tutta la descrizione usata una prima volta per introdurre ora questo ora quel personaggio, come accade con la descrizione del giovane che discute con lo storico. Se è vero che usare queste stranezze poteva essere divertente se fatto un paio di volte, trovarlo scritto una pagina sì e una pagina no inizia ad essere disturbante.

Mentre leggevo questa storia, mi sono venuti in mente i romanzi di Stefano Benni (ne ho letti un paio e uno l’ho letto con Figlio#1, qui la recensione); anche con quelle storie avevo avuto qualche dubbio, benché siano veramente molto divertenti.

 

Un gioco spericolato con la lingua, una trovata esilarante, la messa a soqquadro di quella metafora dell'ordine universale che è la Svizzera.

E qui posso commentare con una citazione dal romanzo stesso…

 

… e andò a infilare un paio di franchi nel parchimetro, perché emergenze con le metafore o non emergenze con le metafore, si era pur sempre in Svizzera e in Svizzera i parchimetri si pagano.

 

Sinceramente mi dispiace moltissimo di aver trovato questo romanzo così deludente, anche perché mi è stato regalato da una collega e, quando me ne ha fatto dono, mi ha detto che lei lo aveva trovato particolarmente divertente e leggerlo le aveva fatto venire in mente me. Spero di non esserle venuta in mente perché io sia simile all’eolao... ma, a parte gli scherzi, credo che questa sia la lettura più distante da me che abbia mai letto. Se dovessi definire con un aggettivo questo romanzo, userei “surreale”, perché racchiude un po’ tutto.

 

Questo per dire che sicuramente è una lettura piacevole, la consiglio soprattutto ai giovani lettori che potrebbero meglio apprezzare le stranezze raccontate dall’autore. Io purtroppo non posso esprimere un parere favorevole.






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