Recensione: Se il cuore ti tradisce di Eleanor Rigby
Autore: Eleanor Rigby
Titolo: Se il cuore ti tradisce
Editore: self published
Data di pubblicazione: 3 luglio 2025
Pagine: 542
Dove saresti disposto ad arrivare per amore?
Arian Varick è un bastardo fatto e finito,
qualunque significato della parola si prenda in considerazione, ed era
determinato a rimanerlo per il resto dei suoi giorni, ma la vita e suo padre
hanno dei piani diversi per lui. Lord Clarence ha deciso di sceglierlo come suo
erede e di concedergli il suo aristocratico nome, ripristinando così la sua
legittimità. Arian ha sempre saputo che non avrebbe mai potuto riscattarsi,
d’altra parte una vita di odio e miseria non trascorre senza lasciare tracce,
ma il gesto di generosità del conte risveglia un lato spietato che ignorava di
avere. Per vendicarsi è determinato a disonorare il titolo, anche a costo di
distruggere se stesso. Ciò che non aveva previsto era che nei possedimenti di
suo padre lo aspettasse una donna capace di cambiare ogni cosa: il suo passato,
il suo presente, il suo futuro... e il modo in cui gli batte il cuore.
Tutto il mondo di Venetia Marsden vacilla
quando si ritrova in balia di un uomo rancoroso e ostinato. Le dame come lei
non sono abituate a un simile trattamento e ben presto si ribella. Deve
proteggere la sua famiglia e conservare il suo posto nel mondo e, per farlo,
dovrà fare di tutto per fargli cambiare idea... anche voltare le spalle ai suoi
rigidi principi e compiere un miracolo: trasformare quel bastardo in un uomo
perbene e, chi l’avrebbe mai detto… innamorato.
Se il cuore ti tradisce è un romanzo rosa ambientato nell’Inghilterra vittoriana. Non troviamo qui i fasti tipici dell’epoca Regency, ma un’ambientazione vittoriana, periodo di profondi cambiamenti che si percepiscono nella vita di società descritta nel libro. L’ambientazione è molto curata: emergono intrighi, differenze di classe, rapporti tra le varie persone e il ritmo della vita sociale, fatta di balli, visite di cortesia e pettegolezzi di locanda. Fondamentali sono i rapporti di classe: in questo caso il protagonista è un figlio illegittimo, Arian, che deve imparare a vivere in società dopo aver ricevuto un’eredità che porta con sé anche un titolo nobiliare. È un po’ come un elefante in una cristalleria: non conoscendo le regole dell’aristocrazia, deve imparare tutto da capo. Ad aiutarlo c’è Venetia, una ragazza di nobili origini che, però, è caduta in disgrazia. Il rapporto tra Arian e Venetia nasce burrascoso, carico di risentimento, e col tempo si trasforma, pur rimanendo sempre vivace nei dialoghi.
Devo ammettere che la storia non mi ha entusiasmata, anche se ho apprezzato molto i dialoghi: i battibecchi tra Arian e Venetia sono carichi di elettricità e ho amato in particolare il senso di famiglia che emerge. Sia Arian che Venetia tengono molto ai loro cari. Arian ha un legame fortissimo con i suoi fratelli, tutti figli “bastardi” di un lord, ma uniti da un concetto di famiglia che va oltre il sangue: un sentire comune che li rende solidali l’uno con l’altro. Allo stesso modo è bello il legame tra le sorelle Marsden, giovani dame alle prese con un momento difficile.
Tra intrighi, pettegolezzi e segreti rivelati all’ultimo momento, il romanzo offre uno spaccato della società elitaria dell’Inghilterra.
Personalmente, non ho provato grande empatia per i personaggi e la storia in generale. Tra i due protagonisti ho preferito Arian a Venetia, che ho trovato meno simpatica fin da subito. Il personaggio che ho amato di più è però Davenport, uno dei fratelli di Arian: moderato, ragionevole, la voce della coscienza nella storia. Arian e Venetia, invece, tendono a enfatizzare i loro lati negativi: Arian continua a rimarcare la sua condizione di figlio illegittimo e coltiva un desiderio di vendetta verso il padre, mentre Venetia vive il suo “scivolone” sociale come un’onta insormontabile. Per l’epoca, il suo errore era sicuramente grave, ma lei sembra rifiutare ogni possibile soluzione proposta dalle persone vicine. Così, da personaggio all’inizio potenzialmente empatico, finisce per risultare un po’ pesante e contraddittoria: talvolta ribelle, talvolta remissiva.
Un aspetto che non mi ha convinta è la prosa:
pur non essendo lenta, la narrazione mi è parsa a tratti confusa, con passaggi
poco chiari. Ho però apprezzato molto gli ultimi capitoli, più vivaci e
incisivi, che danno senso a tutto il resto della storia — peccato arrivino
proprio in chiusura.
Il romanzo fa parte di una serie. La storia di Arian e Venetia si conclude qui, mentre i volumi successivi dovrebbero raccontare le vicende degli altri fratelli, “I figli dell’infamia”. Le storie di Fox e Davenport potrebbero essere interessanti, così come quella di Bastian, ma per ora non sono motivata a proseguire la lettura.
Non saprei a chi consigliarlo in senso
assoluto, ma posso descriverlo attraverso i trope narrativi: è un Forced
Proximity, perché Arian e Venetia si trovano a vivere nella stessa
villa; è un Hate to Love, perché inizialmente si detestano e poi diventano
amanti; non è uno spicy, anche se c’è qualche scena
di seduzione. È un romanzo storico vittoriano con riferimenti all’Inghilterra
del 1850: gli elementi storici ci sono, ma non sono invadenti, e contribuiscono
a rendere lo scenario credibile. Se questi sono elementi che amate in un
romanzo, allora questo libro potrebbe fare al caso vostro.
Ringrazio la traduttrice di questo romanzo,
Alice Croce Ortega, per avermi omaggiata della copia digitale del romanzo.
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