Blog Tour: Il grido della rosa di Alice Basso

Quest’oggi partecipo ad un evento organizzato da Marianna (A spasso coi libri) per un romanzo che aspettavo con ansia e soprattutto di una autrice che amo. Il romanzo che vi presentiamo questa volta è Il grido della rosa di Alice Basso, secondo volume della serie ambientata a Torino nel 1935 e con protagonista Anita Bo, una giovane dattilografa con la passione per i gialli.

Ho letto la serie con protagonista Vani Sarca, ma questa nuova serie ambientata nel ventennio fascista mi affascina ancor di più, soprattutto per la ricostruzione storica. La mia tappa di oggi è infatti parte di questo quadro storico presentato dalla scrittrice; in particolare mi focalizzerò sul ruolo attribuito alle donne durante il fascismo.

Autore: Alice Basso

Titolo: Il grido della rosa

Editore: Garzanti

Data di pubblicazione: 20 maggio 2021

Pagine: 304

Torino, 1935. Mancano poche settimane all'uscita del nuovo numero della rivista di gialli «Saturnalia». Anita è intenta a dattilografare con grande attenzione: ormai ama il suo lavoro e non solo perché Sebastiano Satta Ascona, che le detta la traduzione di racconti americani pieni di sparatorie e frasi a effetto, è vicino a lei. Molto vicino a lei. Alla sua scrivania Anita è ancora più concentrata del solito, ancora più immersa in quelle storie, perché questa volta le protagoniste sono donne: donne detective, belle e affascinanti, certo, ma soprattutto brave quanto i colleghi maschi. Ad Anita sembra un sogno. A lei, che mal sopporta le restrizioni del regime fascista. A lei, che ha rimandato il matrimonio per lavorare. A lei, che legge libri proibiti che parlano di indipendenza, libertà e uguaglianza. A lei, che sa che quello che accade tra le pagine non può accadere nella realtà. Nella realtà, ben poche sono le donne libere e che non hanno niente da temere: il regime si fregia di onorarle, di proteggere persino ragazze madri e prostitute, ma basta poco per accorgersi che a contare veramente sono sempre e solo i maschi, siano uomini adulti o bambini, futuri soldati dell'Impero. E così, quando Gioia, una ragazza madre, viene trovata morta presso la villa dei genitori affidatari di suo figlio, per tutti si tratta solo di un incidente: se l'è andata a cercare, stava di sicuro tentando di entrare di nascosto. Anita non conosce Gioia, ma non importa: come per le sue investigatrici, basta un indizio ad accendere la sua intuizione. Deve capire cosa è successo veramente a Gioia, anche a costo di ficcare il naso in ambienti nei quali una brava ragazza e futura sposa non metterebbe mai piede. Perché la giustizia può nascondersi nei luoghi più impensabili: persino fra le pagine di un libro.

Anita è una bella ragazza, molti giovanotti (e non solo) si voltano a guardarla e molti di loro spererebbero anche in qualcosa in più da questa brunetta con le forme al posto giusto. Insomma, gli uomini la guardano perché è proprio un bel guardare, santa polenta fritta! Eppure Anita non è solo quello. Anita è una ragazza sveglia, che presta attenzione alle cose e non sopporta le ingiustizie. È una persona speciale, capace di fare pazzie, ma che può contare su due amiche veramente forti: Clara e Candida.

Il grido della rosa è un giallo al femminile, nel senso che un ruolo fondamentale lo hanno proprio le donne e non solo Anita, ma anche Candida, Diana, Gioia, Rosa, Spina, Violetta, Fiammetta, Perla e Marina. Tutte queste figure femminili vengono perfettamente calate in quella che è la vita a Torino nel 1935. Sono donne che sanno cosa è richiesto loro: sono donne e il loro unico compito è quello di stare a casa a sfornare marmocchi (Santa polenta al sugo! - direbbe Anita). E se alcune accettano in modo rassegnato questo loro ruolo, altre non ci pensano proprio. Per il regime le donne devono stare a casa…

 

Perché questo fanno, le ragazze che si sposano: si tappano in casa a fare figli.

 

Il racconto parla del ruolo delle donne e infatti mette in evidenza due aspetti della “condizione della donna”, mettendo in relazione due facce della stessa medaglia.

E se non dovessero sposarsi? Capitava molto spesso (sicuramente non era la regola anche perché nel romanzo c’è la figura di Candida che è emblematica) che le ragazze nubili finissero a fare le serve o a lavorare nei bordelli. E anche in questo caso la storia creata dalla Basso ci propone degli spunti di riflessione.

Nel romanzo viene data rilevanza all’istituzione dell’ONMI, ovvero l'Organizzazione Nazionale della Maternità e dell’Infanzia. Una iniziativa pregevole, ma in realtà non era proprio così. Questo perché l’unico interesse del Duce (e per estensione dello Stato) era di avere giovani forti, sani e robusti. Le varie Casa Della Madre e del Fanciullo erano luoghi in cui venivano accolte le ragazze in difficoltà, ma, per poter accedere ai servizi, le patrone della Casa facevano un vero e proprio interrogatorio di accoglienza, durante il quale, oltre al predicozzo morale, chiedevano alle ragazze come si fossero ritrovate in quella condizione, questo faceva sì che le ragazze si sentissero umiliate e colpevolizzate.

 

«Adesso gli dobbiamo fare gli esami di moralità, alle poverette che hanno bisogno dell’aiuto dello stato!»

 

Infatti poco importava che le ragazze avessero subito violenza dal loro padrone o dai familiari stessi, era colpa loro se non erano state capaci di evitare di rimanere incinte… Santa polenta! L’uomo, solitamente in una condizione di superiorità, al limite poteva essere considerato lo sciocco che si era fatto abbindolare e quindi era costretto a riconoscere il figlio illegittimo.

 

«Perché la verità è che al regime, e all’ONMI, importa solo dei bambini, che vivano e crescano e diventino tanti nuovi piccoli bravi fascisti: delle loro madri, un accidente di niente!»


E qui si aggancia il secondo aspetto di questo romanzo: le Case di Tolleranza. Sì, perché all’uomo era concesso, anzi era anche ben visto come un segno di prestanza, dare sfogo ai propri istinti. Ecco che le case chiuse erano considerate come un luogo in cui “portare rispetto” (Santa polenta con i funghi!) alla propria moglie e/o alla propria fidanzata.

 

«Figliolo, sono stato giovane anch’io. […] Fortunatamente, mi ricordo quei tempi: mi ricordo quanto fosse inevitabile lasciarci trasportare dal nostro ardore, dalla nostra vitalità; […].

Io so che ami mia figlia. Come potrebbe essere altrimenti? E so che il fatto che tu cerchi uno sfogo alle tue energie in determinati ambienti è solo il segno del tuo rispetto per lei.»

 

Quando Anita si trova ad interagire con le prostitute della Casa della Rosa, viene a conoscenza di tanti aspetti: le visite mediche cui erano sottoposte obbligatoriamente, il modo in cui le ragazze venivano trattate dalle tenutarie dei bordelli, il fatto che dovessero turnare tra le diverse case ogni quindici giorni (certo per evitare di essere stalkerate, ma…) e anche cosa succedeva a queste donne man mano che la loro giovinezza sfioriva… L’incontro con Spina credo sia molto illuminante.

E mentre in Italia le donne o erano mogli e madri o erano prostitute, nel mondo fuori dai confini italici esse iniziano a essere presenti anche nella vita pubblica. In America ci sono molti racconti che hanno come protagoniste donne forti e decise, iniziano ad avere rilevanza anche le grandi attrici e questo pone un grande problema al «Saturnalia», che non pubblica molti racconti con la presenza di donne. Nei racconti proposti dall’editore Muzio Monné le donne sono sempre un po’ galline, mentre gli uomini devono mostrare la loro prestanza fisica, sinonimo di rettitudine morale… Santa polenta! In questo clima di cambiamento e modernizzazione però, bisogna iniziare a proporre anche personaggi femminili. Qui entra in gioco Sebastiano Satta Ascona, il quale, pur inquadrato nel regime fascista, fidanzato con la figlia del fiduciario rionale del fascio, è in realtà un antifascista e “complice” di Anita… Egli non reputa che le donne siano inferiori e per questo asseconda le idee pazze della sua dattilografa. Sì, perché Anita sarà pure uno spirito ribelle, ma lo fa con un pizzico di cautela… e il duo Satta Ascona – Bo si trasforma in un autore molto particolare, John Dorcas Smith.

 

e anche più

Questo nuovo romanzo della Basso mi è piaciuto veramente tanto, l’ho trovato avvincente per l’aspetto della storia gialla narrata, ricco di Storia (puntuale e precisa, molto viva e reale) e con tanti riferimenti letterari e culturali. Anita è ben inserita in questa vicenda, la sua indole ribelle è incuneata nelle briglie del regime e soprattutto trovo vincente la presenza di Candida e di Clara. La professoressa Fiorio è colei che nutre il lato anticonformista di Anita, Clara è la parte assennata, quella più timorosa che è capace di non far deragliare del tutto Anita. Più di tutto ho apprezzato in questa seconda avventura il ritmo vivace e l’importanza data al valore dell’amicizia. Ci sono tanti esempi di cosa voglia dire essere amici e troverete tante facce di questo sentimento. Un romanzo assolutamente da leggere.

Nota in chiusura: per scrivere questo post sono partita dalla lettura del romanzo (ovviamente), ma poi sono andata a cercarmi articoli e pubblicazioni che avessero come fulcro il tema del ruolo delle donne.

Ringrazio la CE per la copia digitale del romanzo.

Commenti

  1. Complimenti Manuela, hai scritto un bel post, hai approfondito una parte che ho amato tanto di questo romanzo, che come sempre intrattiene chi ha piacere di essere semplicemente intrattenuto ma regala molto altro a chi invece vuole leggere qualcosa di divertente, interessante e colto.

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