Recensione: Mai stata meglio di Monica Heisey

Autore: Monica Heisey

Titolo: Mai stata meglio

Editore: HarperCollins Italia

Data di pubblicazione: 23 gennaio 2024

Pagine: 384

Dissi loro che avrei voluto essere una vedova. «Ho l’impressione che, quando divorzi, tutti si chiedano come hai fatto a rovinare tutto, cos’ha reso così insopportabile stare con te. Se tuo marito muore, almeno la gente è dispiaciuta per te.» Maggie sta bene. Anzi, non è mai stata meglio. Certo, è al verde, la sua carriera accademica non sta andando da nessuna parte e il suo matrimonio è durato solo 608 giorni, ma, alla veneranda età di ventinove anni, Maggie è determinata ad abbracciare la sua nuova vita di Divorziata Sorprendentemente Giovane™. Ora ha tutto il tempo che vuole per dedicarsi a ben nove hobby, mangiare hamburger nel letto alle 4 del mattino e “rimettersi in gioco” dal punto di vista sessuale. Con il sostegno della sua severa professoressa, Merris, della sua amica, anche lei appena divorziata, Amy, e della (immancabile) chat di gruppo, attraversa il suo primo anno di vita da single, uscendo a intermittenza e svegliandosi occasionalmente sul pavimento. Ma soprattutto mettendo ogni cosa in discussione, compreso: Perché ci sposiamo ancora? Ho fallito prima ancora di iniziare? Quante abbuffate notturne ci vorranno prima che io sia felice?

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Questa è una delle poche volte in cui mi trovo in difficoltà nello scrivere una recensione. Una difficoltà vera, derivata dal fatto che il romanzo in questione non mi è piaciuto.

Dunque: perché ho scelto di leggerlo? A spingermi verso la lettura di questo romanzo è stato il “comunicato stampa”, che metteva in evidenza il carattere ironico, quasi umoristico, di questo romanzo e prometteva che sarebbe stato anche un romanzo per riflettere sulle scelte che facciamo. Mi piaceva anche l’idea che fosse un libro di esordio e solitamente sono curiosa di conoscere nuovi autori, anche se poi tendo sempre a rifugiarmi in quelli che già conosco e che sono certa possano piacermi.

Tutto questo preambolo per dire che avevo delle aspettative, che desideravo leggerlo e che mi sono approcciata senza essere prevenuta.

Cosa mi sono ritrovata a leggere? Una mole sconsiderata di pagine per descrivere la totale stupidità che prende alcune persone che non sono in grado di affrontare la vita in modo autonomo.

Maggie ha 29 anni, non ha mai vissuto davvero da sola perché, dopo aver lasciato la casa dei genitori, ha iniziato a convivere con il ragazzo, che poi è diventato il marito (per forza di inerzia), e poi dopo pochi mesi dal matrimonio questa relazione finisce. Non c’è una crisi vera e propria, se non riconoscere che non si è in grado di stare insieme, che non c’è una ragione valida per restare insieme. Capisco l’iniziale crisi di Maggie, una figura molto immatura, psicologicamente ed emotivamente. Non riesco a capire come una donna di una certa cultura e soprattutto giovane non riesca a trovare il modo di reagire. Maggie mette in atto una serie infinita di comportamenti al limite dell’assurdo, tratta male gli amici e tutti coloro che vorrebbero aiutarla fino a trovarsi davvero sola e con la sola prospettiva di crescere.

Forse l’unica cosa che salvo di questo romanzo è la parte finale, ovvero la presa di consapevolezza che Maggie raggiunge e quindi la svolta. Oddio, non che abbia capito veramente bene come la protagonista sia cresciuta, ma almeno si vede la sua nuova capacità di vivere le emozioni. Da una Maggie eccessiva e sopra le righe a una Maggie che è in grado di capire quando lasciarsi andare e quando invece essere focalizzata su uno scopo.

C’è anche un altro aspetto che mi ha un po’ infastidito: ho trovato il romanzo una sorta di “brutta copia” de Il diario di Bridget Jones, senza Hugh Grant o Colin Firth! Anche la comitiva di amici che aiuta Maggie ricorda molto la rete amicale di Bridget. I genitori di Maggie sono per certi versi distanti da quelli di Bridget, ma neanche più di tanto. Sono due figure anche loro in confusione, non sanno realmente aiutare la figlia. Sono presenti fisicamente, ma non sono in grado di capire le necessità di questa giovane donna che ha paura di affrontare la Vita (non è un errore di battitura, ci volevo proprio mettere la maiuscola). Simon poi non è né come Daniel né come Mark.

Insomma, sebbene l’idea di fondo fosse più che buona, la sua realizzazione lascia un po’ a desiderare. Ci sono molte situazioni esagerate che, invece di risultare divertenti o ironiche, provocano un senso di esasperazione, rasentando ora il ridicolo e ora il grottesco.

Sicuramente un libro che poteva essere realizzato meglio.

 


Ringrazio la CE per avermi omaggiata della copia in digitale.



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