Blog Tour: Il morso della vipera di Alice Basso


Quando Marianna (A spasso coi libri) mi ha chiesto di partecipare al Blog Tour del nuovo romanzo di Alice Basso, ho accettato con entusiasmo, così a scatola chiusa, perché ho amato Vani la Ghostwriter e Berganza (va bene, lui è ancora nei miei sogni…). Inoltre mi piacciono i BT organizzati da Marianna perché offrono sempre dei temi interessanti per le tappe di “presentazione” del libro, vere e proprie tappe di approfondimento che permettono di apprezzare poi meglio la storia. Almeno, questo è quello che capita a me.





Autore: Alice Basso


Titolo: Il morso della vipera

Editore: Garzanti

Data di pubblicazione: 2 luglio 2020

Pagine: 302

Il suono metallico dei tasti risuona nella stanza. Seduta alla sua scrivania, Anita batte a macchina le storie della popolare rivista Saturnalia: racconti gialli americani, in cui detective dai lunghi cappotti, tra una sparatoria e l'altra, hanno sempre un bicchiere di whisky tra le mani. Nulla di più lontano dal suo mondo. Eppure le pagine di Hammett e Chandler, tradotte dall'affascinante scrittore Sebastiano Satta Ascona, le stanno facendo scoprire il potere delle parole. Anita ha sempre diffidato dei giornali e anche dei libri, che da anni ormai non fanno che compiacere il regime. Ma queste sono storie nuove, diverse, piene di verità. Se Anita si trova ora a fare la dattilografa la colpa è solo la sua. Perché poteva accettare la proposta del suo amato fidanzato Corrado, come avrebbe fatto qualsiasi altra giovane donna del 1935, invece di pronunciare quelle parole totalmente inaspettate: ti sposo ma voglio prima lavorare. E ora si trova con quella macchina da scrivere davanti in compagnia di racconti che però così male non sono, anzi, sembra quasi che le stiano insegnando qualcosa. Forse per questo, quando un'anziana donna viene arrestata perché afferma che un eroe di guerra è in realtà un assassino, Anita è l'unica a crederle. Ma come rendere giustizia a qualcuno in tempi in cui di giusto non c'è niente? Quelli non sono anni in cui dare spazio ad una visione obiettiva della realtà. Il fascismo è in piena espansione. Il cattivo non viene quasi mai sconfitto. Anita deve trovare tutto il coraggio che ha e l'intuizione che le hanno insegnato i suoi amici detective per indagare e scoprire quanto la letteratura possa fare per renderci liberi. Dopo aver creato Vani Sarca, l'autrice torna con una nuova protagonista: combattiva, tenace, acuta, sognatrice. Sullo sfondo di una Torino in cui si sentono i primi afflati del fascismo, una storia in cui i gialli non sono solo libri ma maestri di vita.

Non c’è che dire, la scrittura di Alice Basso è capace di portarti oltre… Inizi a leggere un capitolo dicendo “leggo due pagine e poi smetto…” e ti ritrovi invece a correre con gli occhi avidi parola dopo parola. E non solo… improvvisamente davanti a te si apre una finestra in tempi e luoghi lontani. Come per magia, ti ritrovi catapultata sul Lungo Po torinese in una calda sera di inizio estate del giugno 1935. Tutto intorno vedi e respiri una città moderna, elegante e al tempo stesso piena di tradizione.

Eppure è un quartiere strano, signorile a suo modo, con facciate liberty che sbocciano fra le fabbriche come fiori di una strana aiuola masochista.

Potrei terminare qui… perché è così che mi sono trovata: ero a Torino e osservavo i palazzi, ma soprattutto respiravo l’aria di quell’Epoca lontana da noi (quasi un secolo) eppure così vicina, tanto che tutt’ora la sentiamo parte della nostra vita.

Foto trovata su pagina Facebook
Idealmente mi sono posta delle domande e ho cercato di darmi delle risposte. Cosa mi ha fatto provare come lettrice la descrizione di quella Torino? Ho sentito come Anita una certa “repulsione” per le regole. Ho capito la voglia di ribellione di Anita, che vuole lavorare. Non che ne sia convinta, ma solo il fatto che per tutti una ragazza carina debba solo pensare a sposarsi e sfornare figli avrebbe fatto alterare anche me. Soprattutto se non hai nemmeno voce in capitolo sul nome da dare ai tuoi figli! Ho avvertito anche la “paura” di non essere come il regime decide che tu debba essere. E quindi ti ritrovi a parlare liberamente solo con le persone di cui realmente ti fidi. Insomma, leggendo la descrizione del tempo storico che Alice fa di quegli anni, riesci a capire la forza straordinaria di alcuni uomini (e donne) che hanno fatto scelte coraggiose. Noti anche come tutti tendano a conformarsi, a modificare idee e opinioni per non incorrere in sanzioni. Questo anche davanti alle opere architettoniche che vengono erette, così distanti dallo stile della città.

Foto trovata su pagina Facebook
Torino si sta industrializzando e quindi le fabbriche entrano a far parte dei quartieri. Forse anche proprio grazie alla presenza di questi enormi edifici, la città si amplia e aggiunge palazzi che, per farsi vedere, accentuano i loro elementi in stile liberty. Poi però arrivano gli anni della contestazione del potere e delle ritorsioni del governo, tanto che Torino viene stravolta a livello architettonico. Alcune zone cambiano volto, fanno quasi stridore con il resto della città. Compaiono i grandi portici o gli alti palazzi come la Torre Littoria.

Questo mi è piaciuto, trovare gli elementi che per Anita sono moderni e vederli con gli occhi da turista di oggi. Io abito a Roma in una zona nata in quel periodo (qui tutto è architettura fascista!) e mi sono ritrovata a pensare a come, invece, una persona di inizio Novecento dovesse percepire queste nuove forme di costruzione. Ho sempre visto Torino come una città “regale”, Alice ce la presenta come una città moderna che accoglie i nuovi elementi tra risatine di derisione e plausi da sudditanza. Ma del resto quello era il climax di quegli anni, c’era chi era pienamente convinto delle idee portate avanti dal regime, vedi Sebastiano Satta Vattelapescaqualcosa, e c’erano persone come Anita e Candida Fiorio, che invece guardavano la situazione con una certa critica, e poi c’erano i genitori di Anita, che invece vedevano le leggi e i cambiamenti solo in riferimento al loro piccolo commercio in tabaccheria.

Già dai primi capitoli mi sono immersa in questa città bellissima e mi sono appassionata alla vita di Anita, ma soprattutto perché Anita è uno spirito libero. Anita che agisce, a volte di impulso, che è però capace di conformarsi quando le fa comodo e di rigirare le proprie idee e opinioni pur di avere un tornaconto. Insomma una che sa bleffare, soprattutto quando italianizza le parole straniere.

Avevo già apprezzato la capacità narrativa di Alice Basso con la serie di Vani e anche in questo caso la città diventa parte integrante del racconto. Non solo la città fatta di strade, piazze e palazzi, ma anche la città nel suo spirito. Le descrizioni del clima politico e del sentire popolare sono parte integrante della storia, non si può apprezzare a pieno il carattere di Anita se non lo contestualizziamo. Alice riesce a delineare il sentire popolare in modo magistrale, riesce a far capire lo sviluppo di tutto il racconto attraverso i cambiamenti culturali e politici della città.

Quando ti approcci ad un romanzo “storico” hai sempre delle aspettative e Alice non le tradisce. Il suo lavoro di documentazione si avverte nelle descrizioni, tanto in quelle della struttura della città quanto in quelle dell’atmosfera. Ammetto che sono andata a cercare immagini d’epoca per vedere la Torino del 1935 e, sfogliando quelle immagini, rivedevo Anita con la sua amica Clara.

Le immagini di Torino anni trenta inserite le ho trovate in una pagina di FB “Torino Piemonte Antiche Immagini”. Ho provato a contattare gli amministratori, ma non ho avuto risposta. 

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