Lettura con il figlio #9: Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani


Tempo di vacanze estive e quindi eccoci di nuovo alle prese con i romanzi assegnati dalla prof di Italiano di Miki.

Prometto che alla fine della quinta superiore andrò a ringraziare questa professoressa, che mi ha permesso di leggere romanzi che difficilmente avrei scelto come letture.

Il primo libro di questa estate è stato un vero “supplizio”, né io né Miki siamo riusciti ad apprezzarlo. Molto spesso, mentre dedicavamo il nostro tempo alla lettura di quest’opera, dovevamo incoraggiarci l’un con l’altra. Miki soprattutto chiedeva quale collegamento ci fosse tra un capitolo e l’altro, domanda alla quale, ahimè, non sono stata in grado di rispondere.



Autore: Giorgio Bassani

Titolo: Il giardino dei Finzi-Contini

Editore: Einaudi

Data di pubblicazione: 5 luglio 2005

Pagine: 297

Gli orrori della persecuzione fascista e razzista, la crudeltà della storia, l'incantesimo dell'infanzia e la felicità del sogno: sono gli elementi intrecciati, con grazia ed eleganza, di questo romanzo triste e dolcissimo. La prima edizione del romanzo è del 1962.



Un libro, due opinioni. In azzurro il punto di vista di Miki, in verde il mio.



Nelle risposte potrebbe esserci rischio spoiler!



1.                 Ti è piaciuto il libro?



No, perché le vicende del protagonista sono descritte su due piani. Il primo è più serio e riguarda il periodo storico, in particolare le leggi razziali e la condizione degli ebrei; il secondo piano narrativo è la “storia” con Micòl, che però non ho molto gradito. In realtà a mio giudizio è un elemento di disturbo per la prima trama narrativa, perché è sempre la stessa cosa (e alla fine lo afferma la stessa Micòl) e viene inserita anche quando non c’entra nulla, sembra quasi forzata, come se l’inserimento di Micòl sia necessario. Se non ci fosse stata questa “opprimente” presenza di Micòl, il libro a mio parere sarebbe stato pure accettabile, non mi sarebbe piaciuto, ma sarebbe stato migliore.



Potrei rispondere come una mia amica quando le ho detto cosa stessi leggendo: Due palle, ma non posso… Sono, forse, una delle poche persone che non lo ha apprezzato; dico questo perché moltissime amiche su IG continuavano a ripetermi che era un libro piacevolissimo. Ammetto che a un certo punto mi sono sentita diversa, ma a tirarmi su di morale è arrivato il commento della zia Libbbri!



2.                Che emozioni ti ha fatto provare la lettura?



Noia.



Mi sono annoiata tanto.



3.                Cosa pensi dei protagonisti?



Sia Micòl che il narratore mi stanno antipatici, anche se tra i due quello che proprio non sopporto è il narratore. Micòl è più normale.



Nulla. Per tutto il libro ho cercato disperatamente di capire come si chiamasse il protagonista, per poi risolvere con un “Bah, sarà autobiografico, quindi si chiamerà Giorgio!”. E questo fa già capire come, verso questo giovane uomo, io non fossi un granché ben disposta.



4.                Con quale personaggio sei entrato maggiormente in empatia?



Nessuno.



Nessuno, sono tutti molto lontani da me, dalle mie idee, dai miei vissuti.



5.                Quale personaggio avresti preso a “sberle”?



Il narratore. Gli schiaffi sono la mia vendetta per avermi annoiato e perché vorrei che si svegliasse: insomma, Micòl ti ha detto di no e tu insisti?



Micòl. Sembra a tratti una persona molto viziata.



6.                Cosa pensi della figura degli adulti?



Il prof. Ermanno mi è piaciuto, perché è molto “carino” nei confronti del protagonista, lo aiuta e lo supporta. Mi è piaciuto anche il padre, perché gli ha detto quello che avrei voluto dirgli io.



Il discorso qui sarebbe complesso. Sono personaggi molto lontani da me, sia per epoca sia per cultura. I genitori, sia del protagonista sia dei fratelli Finzi-Contini, sono ebrei in un momento storico delicato, quindi si vede il loro senso religioso che è fatto di tradizioni, si vede la loro “passione” politica, ma si nota anche il voler stare attenti alla forma. Insomma in alcuni tratti mi sono sembrati snob.



7.                 Come hai trovato lo stile dello/della scrittore/scrittrice?



Non mi è piaciuto lo stile, è molto noioso e pesante. A volte anche la punteggiatura non ha reso fluida la lettura, tanto che in alcuni passi ho dovuto soffermarmi a rileggere.



Pesante. Non è pedante, ma è estremamente lento, mi è sembrato come se fosse un lungo racconto dei tempi andati, una camminata lenta sulla strada dei ricordi (che essendo di gioventù sono stati idealizzati).



8.                Quale aggettivo descrive meglio il libro?



Noioso.



Macignoso (ho scoperto che questo aggettivo esiste: è la forma arcaica di roccioso, che ha la durezza o l'aspetto del macigno).



9.        Quante stelline gli dai?



Una, perché non gliene posso dare zero. A confronto Mille splendidi soli, che proprio non mi è piaciuto, è mille volte meglio.



Due, come le due palle di cui sopra.



10.            Consiglieresti ai tuoi amici di leggerlo?



No, tanto che faccio pubblicità negativa… sarebbe stato meglio leggere la trama su Wikipedia!



Solo se serve per far comprendere un periodo storico ben preciso, anche se, come ha detto Miki durante la lettura: “Era meglio leggere Se questo è un uomo di Primo Levi!”.



11.             C’è un episodio che ti ha colpito maggiormente?



Ovviamente nessuno.



Non credo di aver trovato un episodio che mi sia piaciuto di più, è tutto molto descrittivo e poco coinvolgente. Sì, non c’è che dire, le descrizioni dei giardini e della casa dei Finzi-Contini sono bellissime, ma non sono riuscita a lasciarmi coinvolgere.



12.            Cosa ti ha insegnato/trasmesso questo libro?



Niente.



Difficile rispondere a questa domanda, quando il libro ti ha lambita marginalmente. Forse posso dire che mi ha permesso di vedere il periodo storico delle leggi razziali da un altro punto di vista. Qui il ventennio fascista è presentato dalla angolazione degli ebrei.



13.            Citazione preferita?




Nessuna frase mi ha colpito.

… mentre l’amore – così, almeno, se lo immaginava lei – era roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda: uno sport crudele, feroce, ben più crudele e feroce del tennis!, da praticarsi senza esclusione di colpi e senza mai scomodare, per mitigarlo, bontà d’animo e onestà di propositi.

14.            Il finale ti è piaciuto?



Potrei dire di sì, ma sarei estremamente buono. Ci sono nel finale delle sfumature che mi sono piaciute. L’inizio dell’ultimo capitolo …E fu così che rinunciai a Micòl…, mi è piaciuto perché mi ha dato speranza per il protagonista. Speranza che si è persa nella lettura delle ultime righe, quando egli si rivela per quello che è, ovvero un complottista che ha sempre l’idea fissa che Micòl lo tradisca con Malnate...



Veramente non so rispondere a questa domanda. Partendo dal presupposto che si tratti di un racconto autobiografico, come posso dire se mi è piaciuto o se non mi è piaciuto? Volendo invece guardarlo come un “resoconto storico”, non riesco ad esprimere un giudizio a livello di piacere. È sicuramente una analisi personale di un periodo storico difficile e delicato, che ancor oggi ha i suoi strascichi e che forse è ancora troppo vicino a noi (in linea temporale) per permetterci di guardarlo in modo distaccato.



Questa volta il libro proposto dalla prof non è stato di nostro gradimento (Miki lo ha fatto diventare una tortura tipo la goccia cinese), ma sicuramente ci rifaremo con la prossima lettura, che è invece un romanzo di Italo Calvino, autore che abbiamo avuto modo di apprezzare con Il barone rampante qualche mese fa.

Il prossimo appuntamento sarà Lettura con il figlio (Massi). Alla prossima!

Commenti

  1. ricordo che la noia fu una delle sensazioni che provai anche guardando il film

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    1. Leggendo il romanzo si percepisce tutta. Ero tentata di vedere anche il film, ma passo

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