Recensione: Come un romanzo di Daniel Pennac
Io sono una lettrice che arriva ai libri in ritardo, in ritardo sulle mode. È capitato così con Il piccolo principe, che ho letto perché sentivo sempre dire che era un capolavoro. Mi sentivo quasi in difetto, dal momento che io, pur avendo visto sia la versione cinematografica sia quella teatrale e anche l’adattamento a balletto, non avevo scorto questo messaggio meraviglioso che tutti decantavano e quindi ho sentito il bisogno di leggerlo. Decisamente non è il miglior libro che abbia mai letto nella mia vita.
Sono arrivata in ritardo anche con Milan
Kundera e il suo L’insostenibile
leggerezza dell’essere, letto sotto la spinta della canzone di Venditti. Un
libro che ho veramente apprezzato.
Un altro romanzo a cui sono arrivata in
ritardo rispetto alla massa è stato Twilight;
ne sentivo parlare benissimo, ma rifiutavo di leggerlo pensando che fosse un
libro horror, vista la presenza di vampiri, e invece mi sono dovuta ricredere,
perché la storia mi è piaciuta moltissimo.
E ora è il momento di un’altra lettura fatta
in ritardo rispetto alle masse, questa volta ho voluto affrontare Daniel Pennac.
Non è la prima volta che leggo qualcosa di Pennac, ho infatti già letto Diario di scuola e l’ho trovato illuminante. Quest’anno ho deciso di dedicarmi alla lettura di Come un romanzo.
Autore: Daniel Pennac
Titolo: Come un romanzo
Editore: Feltrinelli
Data di pubblicazione: 1 settembre 2013
Pagine: 144
È proprio attraverso l'analisi del
comportamento, di come giorno dopo giorno interagiamo con l'oggetto libro e i
suoi contenuti, che Pennac riesce a dimostrare alcune storture dell'educazione
non solo scolastica, ma anche familiare. Laddove, normalmente, la lettura viene
presentata come dovere, Pennac la pone invece come diritto e di tali diritti
arriva a offrire il decalogo. Piena libertà dunque nell'approccio individuale
alla lettura perché "le nostre ragioni di leggere sono strane quanto le
nostre ragioni di vivere".
Cos’è un libro? Cosa vuol dire leggere? Cosa ci allontana sempre più dalla lettura?
Queste sono le domande che il libro di Pennac
ci mette davanti e alle quali l’autore prova a dare una risposta in un ideale
dialogo con noi lettori, un dialogo che dovrebbe realizzarsi tra adulti e adolescenti,
un confronto tra due generazioni che non riescono molto a comunicare tra loro,
specie quando si trovano a studiare o a leggere. Pennac racconta la conquista
della lettura, ma anche come questa possa diventare una barriera, quanta
frustrazione si nasconda dietro l’insuccesso. I giovani si allontanano dalla lettura
e questo accade perché è stata loro inferta una “ferita d’amore”, dal momento
che leggere è sicuramente un atto d’amore.
Come per la mia precedente lettura di Pennac,
ho trovato illuminante anche questo saggio. Come insegnante credo che mi abbia
veramente arricchito. Nelle parole di Pennac ho ritrovato i miei alunni, ho
visto la loro sofferenza nel non riuscire ad apprezzare la lettura. Mi sono
accorta che io non ho donato loro il piacere di leggere. Pur avendo sempre
nello zaino un libro, non ho donato loro la lettura o meglio non l’ho fatto con
costanza. Sono stati momenti troppo sporadici quelli che ho dedicato alla
lettura ad alta voce e non sono riuscita a conquistare tutti gli alunni. Grazie
alle parole di Daniel Pennac ho potuto riflettere su quanto sia importante il “nostro”
(di docenti e genitori) modo di far vivere la lettura.
Lettura-regalo.
Leggere e aspettare.
Non si sforza la curiosità, la si
risveglia.
Leggere, leggere, e avere fiducia negli
occhi che si aprono, nelle facce che si rallegrano, nella domanda che sta per
arrivare e che provocherà altre domande.
Questo volume non è un romanzo, ma fa
scoprire quanto davvero sia importante vivere la lettura come apertura, perché
leggere è un atto d’amore, leggere ad alta voce riesce a far vivere ciò che si
legge.
L’ultima parte di questo volume è dedicato ai
diritti del lettore. Ne avevo sentito parlare tanto ed ero curiosa di leggere
la spiegazione che ne dava l’autore. Spesso troviamo i dieci diritti del lettore
in splendidi quadri, nei quali tali diritti sono esplicitati uno sotto l’altro.
Ne ho visti davvero di tanti tipi: semplicemente dattiloscritti oppure
illustrati, ricordo di aver trovato un poster in inglese formato da dieci
vignette. L’ultima parte di questo saggio mi ha fatto scoprire il significato
di quei diritti! Li condivido pienamente, alcuni li ho anche esercitati… Un
diritto che non riesco proprio ad attivare è il diritto di non finire un libro.
Questo non riesco proprio a rispettarlo, non riesco a lasciare un libro, ho
bisogno di portarlo a termine. Un diritto invece che ho sicuramente rispettato
sempre è il diritto del bovarismo, perché io empatizzo molto con i
personaggi, vivo sulla mia pelle quello che loro sperimentano nelle avventure
letterarie.
Consiglio assolutamente questa lettura, la
consiglio a noi genitori, che in alcuni casi obblighiamo i nostri ragazzi a
leggere e non capiamo quanto, facendo così, li allontaniamo dalla lettura
piuttosto che avvicinarli, ma lo consiglio anche ai docenti, di qualsiasi
materia, perché dare l’esempio, avere un libro in mano, leggere un libro ad
alta voce per i nostri alunni credo sia veramente qualcosa di meraviglioso.
Con questo titolo partecipo alla rubrica L’angolo vintage 2.0, ideata da Chiara (La lettrice sulle nuvole). Questo libro è infatti un po’ datato e soprattutto era in attesa di essere letto da tantissimo tempo. La prima edizione risale al 1992, io ho la 27esima edizione della collana della Universale Economica Feltrinelli che risale al 2017.
ne ho sentito parlare tanto di questo libro, prima o poi anche io lo recupererò
RispondiEliminaMerita di essere letto
EliminaBella recensione! Anche io amo Pennac
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