Recensione #19: Dai tuoi occhi solamente di Francesca Diotallevi
Autore: Francesca Diotallevi
Titolo: Dai tuoi occhi solamente
Editore: Neri Pozza
Data di pubblicazione: 4 ottobre 2018
Pagine: 207
New
York, 1954. Capelli corti, abito dal colletto tondo, prime rughe attorno agli
occhi, ventotto anni, Vivian ha risposto a un'inserzione sul New York Herald
Tribune. Cercavano una tata. Un lavoro giusto per lei. Le famiglie l'hanno
sempre incuriosita. La affascina entrare nel loro mondo, diventare spettatrice
dei loro piccoli drammi senza esserne partecipe e osservare la recita, la
pantomima della vita da cui soltanto i bambini le sembrano immuni. La giovane
madre che l'accoglie ha labbra perfettamente disegnate con il rossetto, capelli
acconciati in onde rigide, golfini impeccabili. Dietro il suo perfetto
abbigliamento, però, Vivian sa scorgere la crepa, il muto appello di una donna
che sembra chiedere aiuto in silenzio. Del resto, questo è il suo lavoro:
prendersi cura della vita degli altri. L'accordo arriva in fretta. A lei basta
poco: una stanza dove raccogliere le sue cose; una città, come New York, dove
potere osservare le vite incrociarsi sulle strade, scrutare mani che si
stringono, la rabbia di un gesto, la tenerezza in uno sguardo, l'insopportabile
caducità di ogni istante. Ed essere, nello stesso tempo, invisibile, sola nel
mare aperto della grande città, a spingere una carrozzina o a chinarsi per
raddrizzare l'orlo della calza di un bambino. Scrutare i gesti altrui e
guardarsi bene dall'esserne toccata: questa è, d'altronde, la sua esistenza da
tempo. Troppe, infatti, sono le ferite che le sono state inferte nell'infanzia,
quando la rabbia di un gesto - di sua madre, Marie, o di suo fratello Karl,
animati dalla medesima ira nei confronti del mondo - si è rivolta contro di
lei. Sola nella camera che le è stata assegnata, Vivian scosta le tende dalla
finestra, lancia un'occhiata al cortiletto ombroso e spoglio nel sole morente
di fine giornata, estrae dalla borsa la sua Rolleiflex e cerca la giusta
inquadratura per catturare il proprio riflesso che appare contro l'oscurità del
vetro. È il solo gesto con cui Vivian Maier trova il suo vero posto nel mondo:
stringere al ventre la sua macchina fotografica e rubare gli istanti, i luoghi
e le storie che le persone non sanno di vivere.
Una premessa. Ho letto questo romanzo per la
challenge Tutti a Hogwarts con le tre Ciambelle. Sinceramente penso che, se non
fosse stato per la sfida, non mi sarei mai avvicinata a questo libro, la
copertina non mi attirava. Non destava in me alcuna curiosità.
Ora, al termine della lettura, posso dire che è
stata una lettura difficile e, al tempo stesso, forte. Appena terminato il
libro (e intendo dopo aver letto anche l’ultima riga de La nota dell’autrice)
sono andata alla ricerca della vita di Vivian Maier e delle sue fotografie. E
quindi ho apprezzato la copertina del volume, che altro non è che un suo
autoritratto, un selfie quando i selfie ancora non esistevano.
Dai tuoi occhi
solamente
racconta un episodio (ricostruito, ma non vero, romanzato) della vita della
fotografa Vivian Maier. Di sicuro c’è che Vivian ha passato la sua vita a
lavorare come “tata” per diverse famiglie.
Dalle informazioni che ho cercato una volta
terminata la lettura del romanzo, ho scoperto che Vivian era davvero una gran
brava fotografa. Guardava il mondo attraverso la sua Rolleiflex. Catturava
nelle sue fotografie momenti di vita quotidiana. Pochi anni prima della sua
morte, i suoi rullini sono stati trovati da un rigattiere in un deposito messo
all’asta. Questo giovane imprenditore ha fatto sviluppare e stampare le foto,
scoprendo così questo “tesoro” e dando loro il giusto riconoscimento: molte
delle sue immagini sono "street
photos" ante litteram.
Nel raccontare l’episodio che la vede come tata in
una famiglia benestante, ambientato a New York negli anni 1954-55, Francesca
Diotallevi ci fa scoprire la vita di questa ragazza sola. Quello che mi ha colpito di Vivian è il profondo senso di solitudine
che la pervade. I ricordi non le sono di conforto, anzi sono stilettate al
cuore, la feriscono profondamente.
«Le fotografie
servono anche a questo: a ricordare».
«A volte ricordare
è una condanna» mormorò Vivian.
«A volte. Altre,
invece, è un conforto».
Tanti avvenimenti hanno segnato questa giovane
donna, che preferisce prendersi cura dei figli degli altri piuttosto che dare
alla luce figli suoi. Un po’ lo stesso che succede con le sue foto. Scatta
tante fotografie, ma non ne sviluppa nemmeno una.
La parte centrale del romanzo è scritta in terza
persona e racconta l’episodio specifico di Vivian, nanny in casa di uno
scrittore (episodio frutto dell’immaginazione dell’autrice). Raccontare questo
avvenimento è però solo la scusa per descrivere il mondo all’interno del quale
si muove la giovane fotografa.
L’Incipit e
l’Epilogo sono scritti in prima persona e sono ambientati a Chicago nel 2008: sono gli
ultimi pensieri di Vivian. Ella ripercorre i propri ricordi e, guardando al suo
passato, ci fa conoscere tutti i cambiamenti avvenuti nella Storia del mondo
moderno, in altre parole ci fa attraversare, in poco più di 200 pagine, un arco
temporale che ha portato tanti cambiamenti importanti, specie in America, dal
razzismo più radicato a Obama presidente!!!
A testa alta ho
attraversato gli anni, ho visto il mondo cambiare. Quanti giornali ho sfogliato
e conservato per trattenere la Storia che accadeva e si consumava attorno a me.
Ammetto che, pur non essendo un genere di letture
che mi attira, questo romanzo è proprio bello. Quanto meno ti fa guardare la
Storia da un’ottica diversa, quella del linguaggio fotografico, che a me piace
molto.
Le
foto inserite sono state reperite sul web attraverso la ricerca per immagini di
Google. Sono foto di Vivian Maier, relative alle varie mostre fotografiche
tematiche che sono state fatte in Italia.
voglio leggerlo pure io
RispondiEliminaSicuramente tu lo apprezzerai più di me. E' scritto bene, scorrevole e fluido, ma non amo il genere, questo libro si avvicina molto ad una biografia (anche se non lo è)
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