Recensione #44: Lettera non spedita di Jennifer Cody Epstein
Autore: Jennifer Cody Epstein
Titolo: Lettera non spedita
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 1 ottobre 2019
Pagine: 448
New York, 1989. Ava Fischer oggi ha davanti a sé, tra le
lenzuola del letto sfatto, le ceneri della madre Ilse. Le ha ricevute via posta
aerea in una scatola, inviatele da un avvocato insieme a un plico di lettere
mai spedite e indirizzate a un'amica d'infanzia. Il mistero che avvolge la
figura della madre, una donna algida e silenziosa che non le ha mai svelato chi
fosse suo padre, né perché da piccolina aveva dovuto abbandonarla in un
orfanotrofio della Germania, comincia da qui a sciogliersi. Disorientata dal
lutto improvviso - mentre, in parallelo, lunghi flashback inquadrano la
giovinezza di Ilse negli anni dell'avvento del Terzo Reich e la sua
fondamentale, frangibile amicizia con Renate Bauer - Ava si trova di colpo
scagliata nel passato, invischiata nei dolori e nelle incomprensioni che hanno
segnato la sua vita, alla ricerca di una madre sconosciuta. Prendendo le mosse
dal memoir di una donna che da giovane aveva aderito al nazismo, Cody Epstein
scrive un affresco per raccontare con forza e senza cedimenti il crimine - che
non ha tempo - dell'adesione al male. E il tentativo tardivo e tragico di
spiegare scelte imperdonabili.
Lettera
non spedita è un romanzo che ci porta a vivere il periodo
del nazismo attraverso la vita di tre donne, diverse per generazione ma legate
tra loro. Renate e Ilse sono amiche quando inizia l’ascesa al potere di
Hitler. La figura del Führer viene solo nominata, ma si respira il clima di
quegli anni, si percepisce il sentimento comune che vede gli ariani “lottare”
per la supremazia. Messa in evidenza è anche la condizione degli ebrei; forse è
questa la parte più curata, nella quale viene messa bene in luce la vita di
coloro che si trovano a rischio. In questo clima politico, non certo
tranquillo, nasce Ava. Ava è la protagonista, o meglio è la figura che poi
ricostruisce la storia. È una donna di quasi cinquant’anni, la quale ha vissuto
gli anni dell’infanzia in orfanotrofio fino a quando la madre, Ilse, non è
andata a prenderla. Ilse però non è una madre amorevole e soprattutto non le
svela molti segreti. Ava, diventata adulta, la allontana dalla sua vita, fin
quando non le arrivano a casa le ceneri della madre e soprattutto alcune
lettere. Lettere che raccontano una storia di amicizia, di tradimento, di
dolore, di politica.
Il
romanzo mi è piaciuto, ma… ci sono tanti ma. Prima di tutto ammetto che, probabilmente, i romanzi ambientati in questo periodo
(come i film, del resto) non mi prendono, non riescono ad appassionarmi. Questo
però è un gusto personale; magari tra di voi, che leggete queste mie opinioni,
c’è invece qualcuno appassionato proprio di questo periodo storico. La
narrazione è molto lenta nella prima parte, a volte noiosa e pedante. Sembra
che la storia non decolli. Non aiuta il
fatto che ci siano continui salti temporali. Ava racconta il tempo presente
con alcuni capitoli flashback del proprio passato. Renate racconta la propria
vita al passato, in ordine cronologico parte dal 1933 e arriva al 1939. Ilse
racconta a “salti” la propria storia. Un
altro aspetto che non mi ha fatto vivere bene la lettura è stata la lunghezza
dei capitoli. Sono capitoli infiniti, anche di 30-40 pagine. Io sono un
tipo metodico, non lascio una lettura se non arrivo alla fine del capitolo;
leggendo Lettera non spedita, ho
sofferto il fatto di non arrivare mai al punto di fine capitolo.
La storia, benché molto prevedibile,
mi è piaciuta. Mi affascinava questo “svelare” i segreti di Ilse. Tutto ciò è stato però reso molto pesante.
Sicuramente migliora dopo la prima metà, abbondantemente dopo. Gli unici
capitoli che ho divorato sono stati gli ultimi tre.
Ammetto che ci sono rimasta male,
avevo molte aspettative su questa storia. Ero curiosa di capire perché queste
tre donne fossero legate tra loro, ma Ilse
l’ho odiata fin dai primi capitoli. Renate
mi ha fatto tenerezza, ma al tempo stesso non riusciva a starmi pienamente
simpatica, perché non la trovavo abbastanza energica. Era succube di Ilse. Però
si riscatta nel corso della narrazione. Ava
mi ha fatto pena. Non ha radici, è in quella ricerca disperata di capire chi
sia, quali siano le sue origini. In lotta con la madre dalla quale non si sente
amata e in conflitto con la figlia. Incapace di autodeterminarsi.
Quindi, in definitiva, sì, mi è piaciuto, ma mi ha lasciato un po’
l’amaro in bocca. Lo consiglio a tutti coloro che amano il periodo che va
dal 1930 al 1945. C’è un bellissimo studio dietro questo romanzo, che racconta
le leggi razziali, il lavoro della Gestapo e la “Notte dei cristalli” in modo
preciso e curato. Benché sia un romanzo, illustra la Storia del Novecento in
modo attento. Un punto a favore è che non presenta questo quadro storico
difficile con le interferenze ideologiche, che in alcuni libri si avvertono. Cody Epstein racconta questa storia in modo
semplice, curato, attento, ma non di parte. È un racconto molto obiettivo.
Questo lo ho apprezzato molto.
Prima di chiudere volevo ringraziare
la Rizzoli per avermi omaggiata della copia cartacea.
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