Recensione #57: Cadrò, sognando di volare di Fabio Genovesi
Autore: Fabio Genovesi
Titolo: Cadrò sognando di
volare
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 14 gennaio
2020
Pagine 298
Hai presente quando la radio
passa la canzone che ascoltavi sempre alle superiori e ti immaginavi nel
futuro, libero e felice di fare quel che volevi... be', se a sentirla il cuore
ti si stringe e alla fine devi cambiare stazione, vuol dire che in quel futuro
qualcosa non è andato come sognavi. Così è per Fabio, che ha ventiquattro anni
e studia giurisprudenza. La materia non lo entusiasma per niente, ma una serie
di circostanze lo ha condotto lì e lui non ha avuto la forza di opporsi. Perciò
procede stancamente, fin quando - siamo nel 1998 - per evitare il servizio militare
obbligatorio viene spedito in un ospizio per preti in cima ai monti. Qua il
direttore è un ex missionario ottantenne ruvido e lunatico, che non esce dalla
sua stanza perché non gli interessa più nulla e tratta male tutti tranne Gina,
una ragazza che si crede una gallina. Diversi come sono, qualcosa in comune
Fabio e don Basagni ce l'hanno: la passione per il ciclismo. Così iniziano a guardare
insieme il Giro d'Italia e trovano in Marco Pantani l'incarnazione di un sogno.
Un uomo coraggioso, tormentato e solo, che si confronta con campioni colossali
che hanno il loro punto di forza nella prudenza e nel controllo della corsa.
Pantani invece non fa tanti calcoli, lui dà retta all'istinto e compie sforzi
immani che gli permettono di spostare il confine, "il terribile confine
tra il possibile e l'impossibile, tra quel che vorremmo fare e quel che si
può". Grazie a questa meravigliosa follia, Fabio e don Basagni troveranno
in sé un'audacia sepolta e metteranno in discussione l'esistenza solida e
affidabile che ormai erano abituati a sopportare. Fabio Genovesi ci racconta
cosa vuol dire credere in qualcosa. Qualsiasi cosa. Che sia però magica e ci
accenda, spingendoci avanti o da qualsiasi parte, senza progetti o direzioni
già tracciate. Si rischia di cadere, sì, ma quando alla radio passeranno la
canzone della nostra adolescenza allora, cantandola a squarciagola coi
finestrini abbassati, di sicuro voleremo.
Fabio Genovesi ci
racconta un avvenimento autobiografico, un ricordo che è talmente tanto assurdo
da far ridere, ma, tra una battuta e un ricordo semiserio, ci parla
direttamente al cuore. Mi sono trovata a riflettere sul valore delle scelte
fatte, perché qui tutto ruota intorno a una scelta non fatta: quella di
studiare giurisprudenza.
Fabio si trova a fare
cose che in realtà non vuole; lui sogna la libertà che può dargli lo scrivere e
invece deve studiare qualcosa che il destino ha scelto per lui. Un destino che
si è portato via sua cugina. Praticamente si ritrova a percorrere le strade che
voleva lei. E in questo percorso ad ostacoli, che è stato il suo, trova un
parallelismo con un grande del nostro ciclismo: Marco Pantani.
Personalmente non
seguo il ciclismo, lo trovo noioso, eppure Fabio è riuscito a farmelo amare. Ho
persino ricordato le imprese di Pantani, che avevo distrattamente seguito al
telegiornale.
In questo romanzo Fabio
ci parla di libertà. Quella che provava ascoltando le fughe sulle montagne del
suo idolo Pantani durante il Giro d’Italia. Sembra quasi che l’autore viva
attraverso le gare di Pantani. Il grande ciclista ha tante caratteristiche in
comune con Fabio, tanto che lui lo definisce il suo gemello.
Personaggio che mi ha
incuriosito, a tratti mi è anche piaciuto, ma per lo più rappresenta un grande
misero, è Don Basagni. Sembra una
guida, qualcuno che ha talmente tanta esperienza che può essere un faro… ma il
missionario non vuole questo ruolo e quindi rimane scostante e criptico nelle
poche frasi che rivolge a Fabio. Una figura molto anticonvenzionale. Un prete
così proprio non te lo aspetti.
Mi è piaciuto questo modo di intessere il racconto personale, i ricordi dell’infanzia e la
storia di un personaggio famoso. La vita di Fabio e quella di Marco, seppur
distanti, si intrecciano, quasi si toccano.
Inizialmente ho faticato
un po’ con lo stile narrativo, mi sembravano appunti di diario buttati lì, sì
ben collegati, ma spesso si saltava da un ricordo all’altro e faticavo a
seguire il filo. Andando avanti con la lettura però, questa difficoltà è
diminuita, perché ti immergi completamente in questo racconto. Ti lasci
prendere dalle considerazioni che lo stesso Fabio fa. E spesso ho sorpreso me
stessa a rivolgermi quelle domande implicite che trovi tra le sue parole.
Ringrazio la Casa
Editrice per avermi omaggiata della copia digitale di questo romanzo.
Commenti
Posta un commento