Recensione #30: I ribelli di giugno di Christian Antonini
Oggi vi parlo di un libro per ragazzi che ho letto in anteprima. Da oggi lo
troverete nelle librerie e vi dico subito che merita. Un ottimo regalo per i
nostri giovani lettori. Il racconto è ispirato alla vera storia del console
portoghese Aristides de Sousa Mendes.
Autore: Christian Antonini
Titolo: I ribelli di giugno
Editore: Giunti editore
Data di pubblicazione: 20 marzo 2019
Pagine: 208
Trama: Bordeaux, giugno 1940.
Marian è un ragazzino ribelle che diventa amico del Console portoghese
Aristides Sousa Mendes, un uomo integerrimo dilaniato da un dubbio: seguire le
regole e condannare migliaia di ebrei al giogo nazista oppure violarle e
salvare migliaia di sconosciuti rischiando la propria carriera? I due si
conoscono durante una partita a scacchi e, mentre Aristide scopre l'importanza
della disubbidienza, il ragazzo arriva a rischiare in prima persona per fare la
cosa giusta: salvare il prossimo. Grazie a Marian il Console firmerà visti per
30.000 persone.
Di nuovo Christian
Antonini racconta ai ragazzi la Storia. Questa volta ha deciso di parlare di
una vicenda non facile, un periodo cupo della nostra recente storia: la Seconda
guerra mondiale.
Per far avvicinare i
ragazzi a questo argomento, egli ha deciso di raccontare una vicenda vera,
chiaramente romanzata, vista con gli occhi di un ragazzino di 13 anni che
trascorre le sue vacanze estive senza compiti e in modo avventuroso.
Viene presentata la storia
del console generale del Portogallo a Bordeaux: Aristides de Sousa Mendes.
Quest’uomo ha messo in pericolo la propria vita per salvare decine di migliaia
di ebrei. Egli ha perso i propri privilegi per salvare la vita a persone che
non conosceva. Questo gli è valso il titolo di “Giusto tra le nazioni” nel
1966, quando ormai il console era deceduto.
La storia raccontata da
Christian parla di questa vicenda avvenuta nel giugno del 1940. A raccontarla è
un ragazzino, Marian Weiss, un ebreo originario di Bratislava che aveva trovato
riparo a Bordeaux con la sua famiglia. Rimasto orfano, egli cerca di
sopravvivere alla povertà contrabbandando piccoli favori e, durante una delle
sue scorribande, si imbatte in una ragazzina olandese che sta cercando di
scappare in Portogallo. Marian è un ragazzo sveglio, coraggioso e non sopporta
i soprusi dei bulli. Vive la propria vita come fosse una partita a scacchi.
Infatti gli scacchi sono una metafora delle sue azioni e la passione degli
scacchi farà entrare in sintonia il piccolo Marian con il console.
Con un linguaggio
semplice, adattissimo ai ragazzi (dai dieci anni in poi), Christian racconta la
storia della Seconda guerra mondiale e riesce anche a descrivere il grande
senso di paura che si respirava in quel periodo. Racconta dell’invasione nazista,
dei bombardamenti e dei grandi dilemmi interiori del console portoghese. Riesce
a umanizzare quest’uomo di governo dilaniato tra il senso del dovere, la
fedeltà al suo Paese e la voglia di aiutare gli ebrei.
«Sai, io credo davvero che si debba aiutare
il prossimo, anche se prega in modo diverso, anche se vive in modo differente
da noi. Mi hanno insegnato così».
[…]
«E io penso che i governi dovrebbero fare di
tutto per aiutare le persone. Per permettere loro di vivere al meglio. E questo
significa dare un futuro alle loro speranze».
[…]
«E il problema vero è che il mio dovere di
console mi porta a dimenticare il mio dovere di uomo.»
Mi piace molto il modo di
scrivere di Christian Antonini, è coinvolgente e, benché romanzato, non
tralascia la verità storica. Confesso di essere andata a cercare informazioni
sul console portoghese e l’aver ritrovato alcuni degli episodi narrati mi ha
fatto piacere.
Da appassionata di scacchi
mi sono piaciuti i riferimenti al gioco e anche alle strategie di gioco di
grandi scacchisti come Lasker, Capablanca e Morphy.
Una nota di merito va alla
copertina: veramente bella! Un progetto grafico curato che fa assaporare il
libro. Una volta terminata la lettura del romanzo, ritrovi nell’immagine della
copertina i fatti salienti. Un bel coronamento del libro stesso.
Non mi resta altro che
ringraziare Christian di aver pensato a me per avere un parere sul racconto e
la Giunti editore per avermi donato la copia cartacea.
Informazioni sul console
generale Aristides de Sousa Mendes trovate sul sito di Wikipedia:
Aristides
de Sousa Mendes (Cabanas de Viriato, 19 luglio 1885 – Lisbona, 3
aprile 1954) è stato un diplomatico portoghese. Rifiutandosi di eseguire gli
ordini del suo governo (il regime di Salazar) e concedendo visti a rifugiati di
tutte le nazionalità che dovevano fuggire dalla Francia nel 1940, anno
dell'invasione della Francia da parte della Germania nazista nella Seconda
guerra mondiale Aristides salvò decine di migliaia di persone dall'Olocausto.
Aristides de Sousa Mendes
era ancora console di Bordeaux quando ebbe inizio la Seconda guerra mondiale, e
le truppe di Adolf Hitler avanzano rapidamente in Francia. Salazar mantiene il
Portogallo neutrale. Con la Circular 14,
Salazar ordina ai consoli portoghesi presenti nel mondo di ricusare la consegna
del visto alle seguenti categorie di persone: "stranieri di nazionalità
indefinita, contestata o disputata; apolidi; ebrei, che sono stati espulsi dal
paese di origine o dallo stato di cui hanno la cittadinanza".
Nel 1940, il governo
francese si rifugia temporaneamente nella città di Bordeaux, fuggendo da Parigi
prima che sia occupata dalla truppe tedesche. Decine di migliaia di rifugiati
in fuga dall'avanzata nazista si dirigono anch'essi sulla città. Molti si
presentano al consolato portoghese chiedendo un visto di entrata per il
Portogallo o per gli Stati Uniti: Sousa Mendes, il console, se seguisse le
istruzioni del suo governo, dovrebbe distribuire i visti con molta parsimonia.
Alla fine del 1939, Sousa
Mendes ha già disobbedito alle istruzioni del suo governo e rilasciato alcuni
visti. Tra le persone che decide di aiutare si trova il Rabbino di Anversa
Jacob Kruger, che gli fa comprendere che bisogna salvare i profughi ebrei. Il
16 giugno del 1940, Aristides decide di dare un visto a tutti i rifugiati che
lo richiedano: “A partire da ora, daremo visti a tutte le persone, senza
riguardo a nazionalità, razza o religione”. Aiutato dai suoi figli e nipoti e
dal rabbino Kruger, timbra passaporti, assegna visti, usando tutti i fogli di
carta disponibili.
Di fronte ai primi richiami
di Lisbona, tirerà diritto: “Se devo disobbedire, preferisco che sia agli
ordini degli uomini piuttosto che agli ordini di Dio”. Quando Salazar prenderà
dei provvedimenti contro il console, Aristides continuerà la sua attività dal
20 al 23 giugno a Bayonne (Francia), nell'ufficio di un viceconsole stupefatto
e alla presenza di altri due funzionari di Salazar. Il 22 giugno 1940, la
Francia chiede un armistizio alla Germania nazista. Durante il viaggio a
Hendaye, Aristides continua a emettere visti per i profughi che percorrono con
lui la strada per la frontiera, anche se il 23 giugno Salazar lo licenzia dalle
sue funzioni di console.
Malgrado
siano stati inviati dei funzionari con il compito di “prelevare” Aristides, lui
guiderà con la sua auto una colonna di veicoli di rifugiati e li guida in
direzione della frontiera, sapendo che dal lato spagnolo non esistono telefoni.
Per questo motivo le guardie di frontiera non sono state ancora avvisate della
decisione di Madrid di chiudere le frontiere con la Francia. Sousa
Mendes impressiona le guardie doganali, che acconsentono a lasciar passare
tutti i profughi, che con i suoi visti potranno continuare il viaggio verso il
Portogallo.
Nel 1966 il memoriale di
Yad Vashem (memoriale dell'Olocausto con sede a Gerusalemme) in Israele, gli
presta omaggio attribuendogli il titolo di “Giusto tra le nazioni”. Le
condizioni indispensabili per riconoscere un «giusto» sono tre: aver salvato
ebrei, averli salvati sotto la minaccia di un grave pericolo per la propria
vita, non aver mai percepito alcun compenso. Nello stesso anno furono piantati
venti alberi in sua memoria nei terreni del Museo Yad Vashem.
La copertina è meravigliosa! Non ho ancora letto nessun libro di Antonini, ma ammetto di aver adocchiato i suoi lavori più di una volta. Credo sia importante il riuscire a coniugare verità storica e fantasia.
RispondiEliminaIo ho trovato i suoi libri bellissimi. E concordo, la copertina di questo romanzo è meravigliosa
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