Recensione #79: Gli spaghetti alla bolognese non esistono di Filippo Venturi


Autore: Filippo Venturi

Titolo: Gli spaghetti alla bolognese non esistono

Editore: Mondadori

Data di pubblicazione: 3 giugno 2020

Pagine: 204

È un venerdì sera come tanti alla Vecchia Bologna: ci sono le coppie che chiacchierano bevendo Lambrusco, c'è la food blogger che mangia con la forchetta in una mano e il telefonino nell'altra e ci sono i soliti turisti che osano chiedere al padrone di casa eresie come gli "spaghetti alla bolognese". Emilio Zucchini li corregge bonariamente e dirige il traffico tra sala e cucina con piglio esperto e gioviale, quando d'un tratto una ragazza alle prese con un piatto di tagliatelle comincia a gridare e contorcersi in preda a una crisi allergica. A pochi isolati da lì, intanto, Mirko Gandusio detto il Grande Gandhi, abbattuto per aver mandato all'aria in un colpo solo il suo lavoro da buttafuori e la relazione più seria della sua vita - dopo quella con sua madre, s'intende -, si imbatte nel Duomo di Bologna e decide di entrare. Dall'altare uno sguardo misericordioso lo attrae: "è lei, la Diva, l'unica e inimitabile Madonna di San Luca, il simbolo della città", che come tutte le primavere è stata portata in processione in centro. Sarà un richiamo mistico, sarà che ormai non ha più nulla da perdere, fatto sta che Gandhi si arrampica sull'altare, raggiunge la tavola di legno che ritrae la Beata Vergine e, anziché inginocchiarsi ad adorarla, la stringe al petto e se la fila nell'oscurità. È l'inizio di un weekend rocambolesco per l'intera città, ma soprattutto per Zucchini, che presto scoprirà che lo strano teatrino andato in scena nel suo ristorante e il rapimento della Madonna di San Luca sono legati a doppio filo e si ritroverà suo malgrado impantanato in entrambi. Toccherà a lui, con le sue entrature alla Curia e le sue, meno efficaci, conoscenze in Questura, dare una mano a districare la matassa e lanciarsi alla ricerca della Signora più amata di Bologna.



Gli spaghetti alla bolognese non esistono è un giallo, un racconto che si legge con il sorriso sulle labbra. È il secondo appuntamento con l’oste della Vecchia Bologna, Emilio Zucchini. Avevamo già incontrato questo detective improvvisato nel romanzo Il tortellino muore nel brodo.

Emilio, suo malgrado, si trova invischiato nella sparizione di un’opera d’arte. Questa volta è sparito il quadro che rappresenta la Madonna di San Luca, che veglia sulla città di Bologna. Emilio sa dove cercare quel quadro perché lo ha visto, sa dove è stato messo, solo che non riesce a capire cosa c’entri il quadro della Madonna con quel ladruncolo che ha rubato le mance dei suoi dipendenti. A complicare tutto c’è un temporale da paura e soprattutto il commissario Iodice, che non fa proprio una bella figura. Insomma, non è il commissario intelligente e arguto che uno si aspetterebbe…

Le storie di Filippo Venturi sono molto godibili. Mi permettono di passare ore piacevoli a sorridere per quante disavventure capitino al povero Emilio. Sono sicura che mi stia così simpatico soprattutto per i suoi collegamenti, cioè quando fa riferimenti a Kojak, Bernacca, ER, Don Lurio con Testa-spalla, baby, one, two three (che ho letto cantando)… insomma ogni riferimento mi ha trasportata a quando ero bambina!

Emilio ama due cose: la cucina della tradizione e la sua città, Bologna.

Emilio è sicuro che la sua cucina avverta quando qualcosa non funziona e anche quando le cose stiano svolgendo al peggio. Emilio è un buono, è onesto e soprattutto rispetta il lavoro dei suoi collaboratori. Ha anche uno spiccato senso della giustizia. E soprattutto sa fare i giusti collegamenti.



Emilio ha già fatto due più due, ma sta cercando di convincersi che il risultato sia tre o cinque. Qualsiasi cifra ma non quattro. La matematica però non è un’opinione, e nemmeno la logica.



Mi piacciono i romanzi di Filippo Venturi, sono storie divertenti. Il giallo in alcuni tratti è talmente assurdo da diventare comico, soprattutto quando ci sono di mezzo gli appostamenti del commissario Iodice e di Stoduto. In alcuni momenti mi veniva in mente l’ispettore Zenigata di Lupin III!

Ora, di per sé il racconto giallo è più una storia da ridere, ma ci sono alcune frasi che mi sono segnata tanto sono la fotografia della realtà di oggi. Sì perché, raccontando le imprese di Emilio, Filippo Venturi ci parla della società di oggi (e forse anche questo mi ha fatto maggiormente apprezzare i riferimenti al passato!). Ci fa riflettere su quanto la mania di fotografare i piatti sia diventata qualcosa di dilagante, tanto che non solo non ci rendiamo più conto di cosa realmente mangiamo, ma non apprezziamo più neanche le cose belle. Ci fa anche notare quanto una notizia su Facebook sia presa per vera più di un comunicato ufficiale della stampa, ma anche che alcune notizie siano diffuse solo per “distogliere l’attenzione”.



«E se c’è una cosa che questa storia ci deve insegnare, è che di fronte ai nostri errori spesso il bene trionfa.»


Commenti

  1. una serie che voglio proprio recuperare, so di avere un milione di letture da fare ma sono troppo ispirata

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    1. guarda un vero dramma, mi ci vorrebbero due vite e mezzo solo per arrivare a metà lista

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