Recensione: Era solo un selfie di Cristina Obber

 


Autore: Cristina Obber

Titolo: Era solo un selfie

Editore: Piemme – Il battello a vapore

Data di pubblicazione: 12 aprile 2022

Pagine: 269

Anita è l'unica ragazza della squadra di pallanuoto del suo paese, è appena diventata capitana ed è innamoratissima di un suo compagno di allenamento. Quando è da solo con lei, Ste è dolcissimo, ma cambia appena si ritrova con gli altri maschi della squadra. Un giorno Anita si scatta una foto con altre ragazze davanti allo specchio dello spogliatoio e da quel momento, apparentemente insignificante, tutto comincia a cambiare.


A volte fa bene leggere libri per ragazzi, fa bene a noi adulti perché ci permette di notare qualcosa che forse ci era sfuggito. Ci fa bene perché a volte sottovalutiamo quello che accade loro. Sono ragazzini, che problemi potranno mai avere? Se abbiamo mai detto una frase del genere, è probabile che uno dei problemi per quei ragazzini siamo proprio noi. Amo leggere i libri per ragazzi perché spesso sono piccoli gioielli, pietre preziose dimenticate nel terreno.

La storia di Anita e Clara mi è piaciuta tantissimo perché è vera. Leggevo le loro storie, i loro pensieri, le loro preoccupazioni e pensavo ai ragazzi che conosco. Rivedevo in Anita e Clara, e in tutti i ragazzi descritti nel romanzo, adolescenti di mia conoscenza. Ho apprezzato questo aspetto perché, essendo un romanzo rivolto ai ragazzi, è bene che loro ci si possano riconoscere, che possano trovare anche quelle risposte che spesso si vergognano a chiedere agli adulti.

Non è facile chiedere aiuto, non lo è da bambini, non lo è da adolescenti e non lo è da adulti. Questo romanzo ci fa capire quanto sia importante essere vicini a loro e, pur aspettando i loro tempi, non abbandonarli, ma stimolarli a confrontarsi, a chiedere aiuto, a esprimere i propri dubbi e le proprie emozioni. In questo è bravissima Michela, la “matrigna” di Anita. Michela fa da mamma ad Anita, è lei che si accorge che il malessere di questa ragazzina di quindici anni non è normale. Michela intuisce che c’è qualcosa di più, ma sa aspettare l’occasione giusta. Certo è anche capace di stimolare la situazione, ma non forza gli avvenimenti.

Anita, come tutti i ragazzi, in prima istanza chiede aiuto agli amici e, benché sia Clara sia Yuri le diano saggi consigli, lei non se la sente di rivolgersi agli adulti, teme il giudizio. Eppure maturerà il proprio “sentimento” e chiederà aiuto.

In questo racconto troviamo tante tematiche importanti, alcune trattate brevemente, altre più consistenti. Il filone principale riguarda la violenza nei confronti delle ragazze e dell’importanza dell’uso responsabile e consapevole dei social. Amo molto questo tema, sono una grande utilizzatrice di social, ma sono sempre molto attenta (o quanto meno cerco di esserlo) e non li demonizzo. Chiaramente ho superato i cinquant’anni e un po’ di “sale in zucca” lo ho. I ragazzi e le ragazze a volte usano i social senza pensare alle conseguenze. Anita, sulla sua pelle, capisce quanto un video può far male se condiviso in modo inappropriato. E capisce quanto sia importante proteggere se stessi e la propria intimità. Bullismo e cyberbullismo in questa storia hanno un ruolo importante. C’è poi il tema della separazione dei genitori, dell’importanza delle amicizie, del rispetto, del confronto con i pari e con gli adulti.

Decisamente un bellissimo racconto, che consiglio ai ragazzi e alle ragazze dalla terza classe di scuola superiore. Anita e Clara sono due ragazze che frequentano la prima liceo, la loro storia è la storia di molti adolescenti. Lo consiglio anche ai genitori, perché è un bel libro che potrebbe stimolare un bel confronto con i propri figli.

 


Quattro domande all’autrice…

 

Come mai hai deciso di parlare di temi così “forti”?

Perché mi sta molto a cuore tutta questa sofferenza che le ragazze subiscono fin da piccole. La gravità di questa violenza sta nella impossibilità di contenere la platea a cui vieni data in pasto, non sapere chi ti ha vista, chi ti vedrà, l’impossibilità di avere la certezza che quella foto o quel video non saltino fuori a distanza di tempo dal telefono di qualcuno che lo ha scaricato prima della sua rimozione. È davvero un dolore che ti colpisce nel profondo e per lungo tempo.

Nella nostra società tutto ciò che ruota intorno alla sessualità è ancora un tabù, e questo atteggiamento ipocrita lascia scorrere fiumi di violenza, in tante forme. Il sesso, l’amore, la rabbia, sono parte di noi, parlarne è indispensabile perché è nel silenzio che le cose non cambiano.

Nei miei libri provo a fare la mia parte.

 

Quanto pensi siano importanti i social per gli adolescenti?

Moltissimo, lo sono anche per me, figuriamoci nel momento della vita in cui ti stacchi intimamente dal tuo universo familiare e ti protendi verso gli altri. Io adoro la rete e non va demonizzata, è un mezzo bellissimo per comunicare, conoscere, stare a questo mondo. Nella rete il tempo tra il pensare di fare una cosa e il farla davvero non ti lascia lo spazio per dirti se lo vuoi veramente ed è su questo che ci vuole più attenzione. Ma il problema non sono i social, il problema sta a monte, nelle relazioni, nel diritto che i ragazzi sentono di avere nel diffondere immagini intime e private, di usare i social per fare male. Per questo ho sviluppato anche la figura di Ste. Perché dei Mi dispiace e dei Non volevo non ce ne facciamo niente. Scusarsi non serve, serve capire che ci sono limiti che non si possono oltrepassare, fuori e dentro i social, ed è importante averli ben chiari.

 

Nel romanzo ci sono cenni al bullismo nella scuola, come mai hai dato così poco risalto a quel tema preferendo puntare sul sexting?

Gli episodi di bullismo che subisce Clara li ho introdotti perché volevo raccontare anche il loro mondo a scuola, e questo fa parte dello stare a scuola, dove non va sempre tutto bene. Clara sembra inscalfibile di fronte alle cattiverie ma nel profondo non lo è, nessunə di noi lo è.

In una storia ci sono tante storie, mi piace nei miei libri toccare più corde, mi piace accarezzare le fragilità che sono parte della nostra bellezza.

Ma volevo parlare soprattutto di revenge porn e dunque di Anita, dare spazio alle sue emozioni e ai suoi pensieri, al passaggio dall’idillio ai primi dubbi, alla sua capacità di non credere alla bugie e di prendere una decisione netta. E poi al precipizio e alla risalita. Perché è importante sapere che anche una ferita dell’anima si può curare, proprio come si fa da piccole con un ginocchio sbucciato.

 

Quanto pensi sia importante avere un dialogo aperto e sincero con i figli adolescenti?

Penso che sia importante sapere che a casa si può parlare di qualsiasi cosa, che si è amati per ciò che si è e non solo se si risponde alle aspettative genitoriali.

Come adulti dovremmo provare a costruire questo, provarci sapendo che si inciampa, che non è facile negoziare dentro nuovi equilibri, non è facile proteggere senza farsi detestare.

L’adolescenza ti toglie l’onnipotenza che hai quando la prole pende dalle tue labbra, segue le tue regole, ti adora, ti fa sentire al centro del suo mondo. Figli e figlie si affermano per ciò che sono, e nel rispettare questa libertà incontri i tuoi limiti, perché molte volte capisci a posteriori quale sarebbe stata la cosa giusta da dire e da fare, da non dire e non fare. Ciò che conta credo sia che la famiglia venga percepita come il luogo dove comunque, anche con i tuoi inciampi di adolescente, c’è sempre spazio per un piatto di pasta e un abbraccio.

Ringrazio la casa editrice per avermi omaggiata con la copia cartacea del romanzo e l’autrice per aver risposto alle mie domande.


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