La neve in fondo al mare di Matteo Bussola - La pandemia, i figli e le cicatrici che restano...

Autore: Matteo Bussola

Titolo: La neve in fondo al mare

Editore: Einaudi

Data di pubblicazione: 25 giugno 2024

Pagine: 192

Matteo Bussola racconta un nodo del nostro tempo: la fragilità adolescenziale. Scrive una storia toccante, piena di grazia, sul tradimento che implica diventare sé stessi. E ci mostra, con onestà e delicatezza, quel che si prova davanti al dolore di un figlio, ma anche la luce dell’essere genitori, che pure nel buio continua a brillare. Perché è difficile accogliere la verità di chi amiamo, soprattutto se lo abbiamo messo al mondo. Ma l’amore porta sempre con sé una rinascita. Un padre e un figlio, dentro una stanza. L’uno di fronte all’altro, come mai sono stati. Ciascuno lo specchio dell’altro. Loro due, insieme, in un reparto di neuropsichiatria infantile. Ci sono altri genitori, in quel reparto, altri figli. Adolescenti che rifiutano il cibo o che si fanno del male, che vivono l’estenuante fatica di crescere, dentro famiglie incapaci di dare un nome al loro tormento. E madri e padri spaesati, che condividono la stessa ferita, l’intollerabile sensazione di non essere più all’altezza del proprio compito. Con la voce calda, intima, di un padre smarrito, Matteo Bussola fotografa l’istante spaventoso in cui genitori e figli smettono di riconoscersi e parlarsi diventa impossibile. Attraverso un pugno di personaggi strazianti e bellissimi, ci ricorda che ogni essere umano è un mistero, anche quando siamo noi ad averlo generato.


Quando la pandemia ha cambiato i nostri figli.

 È inutile negarlo: la pandemia ci ha cambiati. Tutti ricordiamo l’esatto momento in cui il Presidente del Consiglio annunciò il “lockdown”. Quell’isolamento forzato, forse accolto all’inizio con entusiasmo dai più giovani, ci ha spiazzato. Ci siamo trovati a doverci confrontare con qualcosa di misterioso e, soprattutto, con noi stessi e le nostre fragilità (oltre che con la didattica a distanza!).

Sono convinta che tutti noi portiamo addosso cicatrici imputabili a quel periodo, ma chi ha sofferto di più (e noi adulti lo abbiamo spesso sottovalutato) sono stati i ragazzi. Io stessa ho visto cambiare i miei figli, allora adolescenti. Credo che proprio gli studenti delle superiori abbiano vissuto quel momento come devastante e destrutturante. L’uomo è un animale sociale e la socialità si costruisce a scuola… ma la scuola, in quei mesi, è venuta meno.

Ed è proprio questo che ci mostra il romanzo di Bussola. È il diario di Tano, un padre che deve fare i conti con la fragilità di un figlio adolescente.

Caetano (non è un errore di battitura, si chiama davvero così) si trova in un reparto di neuropsichiatria infantile perché il figlio sedicenne soffre di un disturbo alimentare. In quella corsia d’ospedale, Tano e il figlio Tommy entrano in contatto con altri giovani pazienti, tutti in qualche modo segnati dalla pandemia. Tano prova a ricostruire un dialogo con suo figlio, ma è difficile: e allora ripercorre tutto, dalla nascita fino a quel ricovero. L’intero romanzo sembra una lunga lettera al proprio figlio, che potrebbe essere la lettera di ogni genitore al proprio figlio o alla propria figlia. Tutti i genitori, almeno una volta, si sono sentiti come Tano.


Bussola è bravissimo a portare a galla emozioni che appartengono a tutti noi. Ammetto che più volte ho dovuto interrompere la lettura (e l’ascolto, perché io Bussola quasi sempre lo seguo anche su Audible) perché le lacrime non mi permettevano di proseguire. Sarà poi che Matteo Bussola interpreta in prima persona i suoi libri e così, mentre leggevo, sentivo la voce di Tano. Percepivo il suo dolore e mi si stringeva il cuore. Quando legge, Bussola non si limita al testo: lo interpreta, aggiunge intercalari, ripete parole per dare forza a un concetto. Modifiche che io stessa ho riportato nella mia copia cartacea.

Questa storia è bella da far male. Le emozioni vibrano in ogni pagina. Con delicatezza, Bussola affronta temi fortissimi, come la malattia mentale, il suicidio, la violenza, la pedofilia, e racconta l’impotenza dei genitori davanti alla sofferenza dei figli. È anche la storia della ribellione dei ragazzi, della loro ricerca di un posto nel mondo. Perché, sia come genitori sia come figli, tutti noi abbiamo bisogno di trovare la nostra dimensione, di capire quale carico possiamo sopportare, cosa ci spezza e cosa invece ci tiene insieme.

So che non tutti amano Bussola, ma per me lui è uno dei pochi capaci di emozionarmi profondamente. Lo sento vero, vicino alle mie sensazioni. I dubbi di Tano sono anche i miei, le sue paure e i suoi desideri mi appartengono. Forse la forza di questo autore è proprio questa: parlare della quotidianità con uno sguardo sincero.

Per chi è adatto questo libro? Risposta semplice: per tutti. Ogni genitore potrebbe facilmente specchiarsi in Tano. Ogni ragazzo ritroverà i dubbi e le paure di Tommy. Leggendo questa storia, possiamo osservare entrambe le facce della stessa medaglia. Forse sarà anche l’occasione per guardare negli occhi nostro figlio o nostra figlia e chiedere: “Come stai? Come ti senti? Cosa provi? Cosa ti ha fatto felice o arrabbiare oggi?”.

Domande che dovremmo porre ogni giorno ai nostri figli, ma anche a noi stessi.






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