Gruppo di Lettura: Rebel – Il tradimento di Alwyn Hamilton (capitoli 10-17)


Eccoci pronte per la seconda tappa del gruppo di lettura. Questa volta partecipa alla lettura solo Patrizia, quindi io vi saluto subito e lascio la parola a lei.


Titolo: Rebel – Il tradimento

Autore: Alwyn Hamilton

Pagine: 448

Editore: Giunti editore

Data di pubblicazione: 2 novembre 2016

Sono passati pochi mesi da quando Amani, dall'infallibile mira, ha incontrato il misterioso Jin ed è fuggita dal suo paesino nel deserto terribile e meraviglioso del Miraji sul dorso di un buraqi, mitico destriero fatto di sabbia e vento, in cerca della propria libertà. Ora sta invece combattendo per liberare una nazione intera da un tiranno sanguinario che non ha esitato a trucidare il padre pur di salire al trono. Amani si trova prigioniera nell'epicentro stesso del potere, il palazzo del Sultano, ed è determinata a rovesciarne il regime. Disperatamente concentrata nello sforzo di scoprire i segreti di corte, cerca di dimenticare che Jin è scomparso proprio quando le sembrava più vicino e di essere lei stessa pericolosamente in balia del nemico. Ma con il passare del tempo Amani arriverà a chiedersi se davvero il Sultano sia il tiranno che le è stato descritto e chi sia il vero traditore nei confronti della sua terra così bruciata dal sole e piena di magia. Dimenticate quello che pensavate del Miraji, della ribellione, dei Djinni, di Jin e del Bandito dagli Occhi Blu. In ''Rebel. Il tradimento'' l'unica certezza è che tutto cambierà. Un mondo di passioni intense, dove padri e figli sono pronti a uccidersi a vicenda, ma dove anche l'amore è ardente come il deserto.


Eccoci qui alla seconda tappa di questo viaggio al centro dei misteri del deserto e delle sue creature. Questa volta ho faticato parecchio: ho trovato i capitoli molto corposi e ho fatto a gara con il tempo per rispettare questa scadenza. Fortuna che la storia è scritta bene, mantenendo il carattere adrenalinico del primo libro, e non ci vengono risparmiati i numerosi colpi di scena. Ho trovato interessante anche il fatto che in questa sede siano compensate alcune informazioni che nel primo episodio di questa trilogia sembravano essere un po' lacunose. Detto questo ecco a voi il risultato della mia lettura.


Un piccolo avvertimento…
ALLERTA SPOILER!!!

Cap. 10


Amani, insieme a Jin e a un ridotto gruppo di Ribelli, sta galoppando senza tregua nel tentativo di raggiungere le montagne e provare a mettersi in salvo al riparo dall'esercito del Sultano. Amani è ferita e sfinita. La ferita al braccio sembrava peggiorare senza tregua e aveva consumato tutte le sue forze utilizzando la sua magia per nascondere la loro fuga agli occhi dei soldati. Raggiunto un posto sicuro, Jin ordinò al gruppo di accamparsi. Secondo Amani non erano ancora al sicuro, ma le motivazioni di Jin risultavano abbastanza valide e, inoltre, lei non aveva forza per controbattere. Dopo aver desistito dal ribellarsi al volere di Jin, nel tentativo di scendere da cavallo, fa una mossa falsa con il braccio ferito e ciò la fa precipitare per terra rovinosamente. È stanca, ferita e molto arrabbiata con Jin tanto che, quando lui prova a porgerle il suo aiuto, lei lo rifiuta in modo categorico. Si rialza da sola quasi a voler sottolineare che non ha bisogno di nessun aiuto, tanto meno proprio da lui, ma Jin si è accorto che la sua spalla è fuori posto e cerca di convincerla di permettergli di metterla a posto. Lui sembra molto sicuro di quello che sta dicendo così lei abbassa per un attimo le sue difese e, nonostante la sua rabbia, decide di acconsentire. Si ritrovano così dentro la tenda che era stata montata come rifugio per la notte per Amani. È un attimo e tra accuse, recriminazioni e brividi caldi sulla schiena, Jin riesce a riportare in sede la spalla. È un attimo e la rabbia che li separa, si trasforma in fuoco che li unisce. Jin la bacia con passione e trasporto, è un bacio che fa vacillare il “bandito dagli occhi blu”, un bacio che le fa ricordare cosa erano e cosa sarebbero potuti essere se solo....... Amani si sta perdendo in queste riflessioni quando Jin, all’improvviso, si allontana e, quasi a voler smontare tutto ciò che quel bacio rappresenta, si giustifica dicendo che lo aveva fatto soltanto per distrarla dal dolore. Amani delusa da quel comportamento, ripreso il contatto con la realtà si accorge, infatti, che il braccio non le fa più tanto male. Jin le sistema lo Sheema attorno al collo per bloccarle il braccio ed esce dalla tenda lasciandola sola con i suoi pensieri e i suoi tormenti. È ormai notte inoltrata, quando Amani decide di raggiungerlo nella sua tenda, non sa ancora bene il perché ma lo deve affrontare. Attraversa il campo sul quale ormai è calato il silenzio del riposo, ma raggiunta la tenda di Jin si sente afferrata alle spalle. Tenta di divincolarsi deve avvertire Jin del pericolo, l'esercito del sultano li ha raggiunti e conferma ne è il fatto che due guardie ribelli giacciono morte per terra davanti a lei. Tenta di raccogliere tutte le sue forze ma sente un odore acre, è un fazzoletto con il quale le hanno chiuso la bocca. La stanno drogando e le forze le scivolano via mentre il mondo attorno a lei si spegne. L'oscurità la inghiotte insieme all'avvertimento che inutilmente tenta di lanciare.


Cap. 11


Amani pensava di morire e invece si risveglia ancora stordita al buio di una piccola stanza sporca e male odorante. Non sa bene ancora dov'è, ma gli strani movimenti di quell'ambiente le fanno supporre di essere su un treno. Tenta di raccogliere tutte le sue forze per alzarsi ma si rende conto di essere legata al letto con una catena di metallo e capisce subito il perché della sua difficoltà a usare i suoi poteri. Il bracciale di metallo a cui è attaccata la catena sfiorando la sua pelle le inibisce l'utilizzo. Sono attimi di paura e tensione, non tanto per lei ma per i suoi compagni di avventura. Si scopre a pronunciare la frase "Jin è ancora vivo" ed è felice di riuscire a pronunciarlo senza nessuna difficoltà. Inizia così ad elencare i nomi di tutte le persone per cui temeva e scopre con grande sollievo che per tutti la frase esce liscia senza intoppi. Cerca allora di concentrarsi alla ricerca di una soluzione: deve riuscire a scappare. Deve allontanare dalla sua pelle il metallo per sperare di utilizzare la sua magia. Fa scorrere un pezzo di stoffa tra il bracciale di metallo e il suo polso e risente il suo potere vivo dentro di sé. Prova a rievocare la sabbia del deserto ma sembra non essercene più nemmeno l'ombra. Tenta così di raccogliere i granelli di sabbia ancora attaccati sul suo corpo e le serve molta più concentrazione per richiamarli a sé e rompere la catena che la tiene inchiodata. Fugge dalla stanza e realizza così di trovarsi su una nave. Raggiunto il ponte, scopre che a catturarla non è stato l'esercito del sultano ma sua zia Safiyah, animata da un terribile odio nei suoi confronti perché la ritiene la causa della morte di sua sorella. Spiazzata da tale inaspettata scoperta, si ritrova rinchiusa dentro una piccola cella nei meandri più profondi della nave insieme con altre donne Demdji. Safiyah sostiene che lei valga oro più di quanto pesi e, a quelle parole, Amani capisce che sua zia non vuole ucciderla, ma intende venderla al sultano.


Cap. 12


I colpi di scena non sono finiti. Amani trascorre il tempo della traversata sotto l'effetto di droghe per tenerla mansueta. Quando si risveglia, dopo non sa quanto tempo, si ritrova in un nuovo ambiente. Adesso è sdraiata su una lastra di marmo all'interno di una lussuosa camera. Prova ad alzarsi ma il suo corpo, ricoperto di bende, urla di uno straziante dolore. Tenta di raccogliere tutte le sue forze per muoversi e quando ci riesce, scrutando tutto ciò che la circonda, si accorge di essere nel palazzo del Sultano. Prova a evocare il suo potere ma è inutile. È senza forze e tragicamente segnata. Tenta di mettere su un piano per la fuga trasformando un vaso rotto in arma, ma fallisce. È bloccata da uno strano soldato con una gamba di metallo. È ancora stordita ma riconosce nella voce del soldato quella del suo caro amico Tamid. Si scopre turbata perché era convinta che lui fosse morto a Dustwalk il giorno della sua fuga. Viene nuovamente immobilizzata e ricondotta sul tavolo di marmo ma in un impeto di rabbia riesce a colpire il soldato che cercava di bloccarla. Mentre tentava di proteggersi dalla reazione del soldato, sopraggiunge nella stanza un uomo dalle ricche vesti, in lui riconosce i lineamenti del suo principe ribelle ma è consapevole che non può essere lui, capisce allora che si tratta del sultano. Egli vuole conferma che lei sia una Demdji prima di ricompensare la zia Safiyah che l'aveva condotta a lui, le chiede, dunque, di ripetere poche parole: " non sono la figlia di un Dijnni" se fosse riuscita a pronunciare quelle parole, avrebbe avuto in cambio libertà e vendetta sulla zia. Anche se provò a cavarsela con la disonestà provando a dire parole vere ma che non tradissero le sue origini, non riuscì a convincere il sultano del contrario. Sua zia fu liquidata e lei, rimasta nella stanza con il sultano, inizia a capire il perché di quelle bende, il perché non era più padrona del suo corpo, ma sembrava obbedire come un cucciolo addomesticato alle parole del sultano. Egli conosceva suo fratello Noosharm, ed era riuscito a governarlo perché conosceva il suo nome, marchiato all'interno della strana armatura in cui era stato rinchiuso, dunque conosceva anche il nome di suo padre e il suo. E le bende? Le bende nascondevano le ferite attraverso le quali il sultano aveva fatto introdurre sotto le sue carni pezzi di bronzo e ferro per renderla inoffensiva. Cercava di capire e di fare ordine in tutto quello che le stava accadendo. Perché bramare a tutti i costi una Demdji per poi privarla del suo potere? Scopre così, attraverso le parole del sultano, che suo fratello Noorsham, per il quale era stata progettata una semplice armatura, aveva utilizzato il suo potere per ribellarsi contro il sultano quindi questa volta egli voleva essere certo che ciò non accadesse. Per essere sicuro di rendere veramente innocua la Demdji Tamid, che nel frattempo aveva assistito a tutta la conversazione facendo finta di non conoscerla, gli aveva suggerito di inserire direttamente sotto la sua pelle il metallo.


Cap. 13


Il Sultano guidò Amani nel profondo del suo palazzo in un luogo dove "Dio era cieco“: un'ampia stanza decorata da grandi cerchi di ferro. Giunti in quel luogo le spiegò il motivo per il quale lei si trovava lì, senza poteri. Non era la potenza della sua magia che l'aveva spinto alla ricerca di un Demdj. Il suo obiettivo era riuscire a evocare uno dei primi esseri, un Djinni, e, secondo le antiche leggende, per poterlo fare serviva conoscere il vero nome del Djinni e pronunciare la formula richiesta nella Prima Lingua. A quel punto il Sultano estrasse dalla tasca un biglietto mostrandoglielo. Amani rimase stupita perché lui non le ordino di prenderlo ma il suo braccio sembrò muoversi indipendentemente dalla sua volontà. Amani afferrò il biglietto e, esortata dal Sultano, lo lesse ad alta voce. Lesse velocemente e il nome di suo padre Al'Bahadur le scivolò sulla lingua come se la sua metà Djinni avesse riconosciuto quella lingua. Per un attimo non accadde nulla, fu solo silenzio, poi il cerchio di ferro prese fuoco.


Cap. 14


Un’enorme colonna di fumo blu si materializzò al centro del cerchio di fuoco e da essa poco per volta presero forma le sembianze di un essere. Bahadur sembrava un uomo fatto di fuoco, la sua pelle pulsava per le fiamme di un azzurro intenso che gli ardevano dentro e si percepiva da lontano la sua potenza. Era un primo essere ed era secondo solo a Dio, la sua era una bellezza perfetta e i suoi occhi erano uguali a quelli di Amani. Dopo aver preso le sembianze di uomo, Bahadur parlò chiedendo il motivo di quella chiamata. Le leggende raccontano che i Djinni usavano i desideri degli uomini per rigirarli contro di essi e il sultano era abbastanza furbo da saperlo. Egli voleva sapere i nomi degli altri Djinni ma non li avrebbe chiesti avrebbe approfittato del legame tra Amani e il padre per convincerlo a darglieli di sua spontanea volontà. Così ordinò ad Amani di afferrare il coltello che le porgeva e di conficcarselo nella pancia lentamente. Sperava che Bahadur gli dicesse quei nomi in cambio della vita di sua figlia ma così non fu. Amani contro la sua volontà afferrò il coltello ed esegui l'ordine del sultano ma Bahadur non si scompose, assistì all'intera scena senza proferire parola. Finché il Sultano non bloccò la giovane. Fu un attimo e Amani provò a rigirare la situazione in suo favore e, con uno scatto felino, si lanciò sulla gola del sultano. L'ordine di fermarsi arrivò a solo pochi centimetri dalla pelle del Sultano, sarebbe bastato un solo secondo per consentirle di ucciderlo. A quel punto Bahadur, che fino ad allora non l'aveva degnata di un vero sguardo, la guardò con interesse, mentre gli occhi del sultano passarono dal coltello a lei. Amani si aspettava un suo gesto di vendetta che non arrivò, al suo posto lui le sorrise e fu allora che finalmente capì cosa le era famigliare in quella bocca: il viso era di Ahmed ma il sorriso era di Jin.


Cap. 15


Amani si accorse di essere ancora viva perché molto preziosa. Fu affidata a una serva e dopo aver ricevuto una dozzina di ordini diversi dal Sultano, che voleva essere sicuro con le sue parole di legarla per sempre alla sua esistenza, fu relegata nell'harem, dove incontrò per la prima volta il Sultim. Girava voce che nell'harem del sultano le donne servivano a dare piacere a lui e al Sultim e ad allevare i futuri principi. Amani catturò subito l'attenzione del principe Kadir, il primogenito del sultano e suo erede al trono, e, di conseguenza, le invidie di alcune giovani donne. Il tentativo di Kadir di provare a farne un suo diletto fu subito stroncato dalla giovane serva a cui era stata affidata che gli comunicava che la nuova arrivata, per volontà del padre, non era per lui.  In tutto questa la povera Amani era vincolata nel corpo e nelle sue azioni agli ordini del sultano seppure, dentro di lei bruciava un fuoco di rabbia e ribellione. Il sultano poteva, infatti, governare il suo corpo ma non la sua volontà.


Cap. 16


Amani è sola e bloccata all'interno dell'harem. Nonostante i suoi tentativi di fuggire davanti ad un cancello aperto, ha conferma della forza degli ordini del Sultano impressi sulle sue ossa. Seppur la sua testa desideri ardentemente muovere un passo al di là del cancello, i suoi piedi sono bloccati dall'ordine “non tenterai di fuggire”, nonostante desideri ribellarsi e difendersi dalle angherie di Ayet, la prima moglie di Kadir, non ci riesce perché è bloccata dall'ordine “non farai del male a nessuno, né tanto meno a te stessa”. Trascorreva gran parte delle sue giornate in solitudine chiusa dentro la sua stanza dove era accudita premurosamente da alcune serve. Un giorno in una delle sue passeggiate incontrò la piccola Leyla, figlia del sultano, e fu stupita di scorgere in lei una dolcezza che le ricordava Delila. In quegli stessi giardini, incontrò nuovamente Ayet e la sua corte che la minacciarono velatamente raccontandole la storia di Nadira. Quello era, infatti, il serraglio dove Nadira aveva incontrato un Djinni ed era lo stesso posto in cui il sultano l'aveva fatta uccidere dopo aver scoperto il suo tradimento poiché era un luogo dove gli uccelli coprivano qualsiasi suono. Ayet e le altre temevano che la presenza di Amani nell'harem avrebbe comportato la cacciata di una di loro ed erano disposte a tutto pur di liberarsi di lei, finché Leyla non sopraggiunge in suo aiuto minacciando di ricorrere al padre, il gran sultano, qualora non l'avessero lasciata in pace. Quella stessa sera la cena, che era solita consumare nella sua stanza, non arrivò, pensò subito che anche questa fosse un'altra angheria di Ayet e così decise di uscire nel grande giardino per consumarla insieme alle altre donne. Lì si unì a Leyla. Una serva le consegnò un piatto con della carne e appena addentò un boccone sentì come se stesse mangiando dei carboni ardenti. Il piatto era pieno di una strana spezia chiamata il peperoncino suicida che, seppur vietate dal sultano, a volte le donne che volevano scappare riuscivano a rimediare. Ad Amani s’illuminò una lampadina, aveva bisogno di parlare con la beata Sultima, la moglie del Sultim, era, infatti, da lei che le era arrivato in dono quel piatto a detta di Ayet che continuava a divertirsi dandole fastidio.


Cap. 17


La sultima era una leggenda dell'harem. Si diceva che essa fosse stata scelta da dio per essere la madre del prossimo erede del Miraji, l'unica donna in grado di concepire un figlio con il sultim. Era difficile incontrarla perché passava le sue giornate chiusa nelle sue stanze immersa in preghiera. Solo due giorni dopo l'episodio del peperoncino Leyla avvisò Amina che la sultima era uscita per recarsi ai bagni. Si precipitò così ai bagni nel tentativo di cercare nella sultima un'alleata. Tutto poteva immaginare tranne la scena che le si palesò davanti. La leggendaria Sultima, la donna in attesa del futuro sovrano del Miraji, altro non era che sua cugina Shira, colei che era nata per renderle la vita un inferno. Anche Shira fu stupita di trovarsi in quei luoghi la cugina. Adesso il suo obiettivo era diventato ancor più difficile di come se lo era immaginato. Durante la loro infanzia erano state tutto fuorché alleate. Si erano nascoste i rispettivi segreti solo perché l'una cadeva sotto il ricatto dell'altra, decise che questa era la strada da seguire anche in quel caso. Provò così a carpirle un segreto che avrebbe potuto utilizzare come merce di scambio. Provò a minacciarla di raccontare che il figlio non era del sultim e dalla faccia della cugina capì che aveva fatto centro. L'accordo è raggiunto. In cambio del silenzio di Amani, Shira avrebbe fatto arrivare il suo messaggio fuori dalle mura del palazzo.

Commenti

  1. Grazie Patrizia, bella tappa, ricca di cose

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  2. A me sta piacendo sempre di più questa storia

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  3. Mi sono sentita molto coinvolta da questa tappa. Ho letto molto velocemente , arrabbiandomi e stupendomi sempre più ! La Hamilton è piuttosto sadica, eh! Mai una gioia e se c'è è un battito di ciglia, quasi a far capire che si è distratta un attimo e non va bene 😂😂😂

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  4. Questa tappa è davvero intrisa di eventi,anche molto molto negativi,purtroppo!!!

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  5. Questi capitoli a me sono piaciuti tantissimo e mi hanno coinvolto parecchio!

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  6. Colpi di scena come se piovesse.sempre più bello sempre più ricco

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  7. Tappa in cui la Hamilton si riscatta alla grande rispetto ai primi 6/7 capitoli che avevo trovato meno brillanti

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